Da che esiste, il golf è stato un costante esercizio di fiducia, più che di swing.
Voglio dire, dalle notti buie di Saint Andrews a oggi, il miglior gioco si è potuto riassumere in pochissime parole: mira, credici, tira e accetta il risultato (qualunque esso sia, s’intende).
In questo contesto, smarriti nella giungla delle variabili del campo e del meteo, i golfisti hanno da sempre eletto a faro direzionale del gioco la fiducia in se stessi e nei propri mezzi tecnici.
Qualsiasi tentativo di domare le variabili, di condurre il golf o di controllare il proprio swing si è sempre rivelato assai negativo ai fini dello score e non è dunque così difficile intuire come mai la capacità di totale abbandono all’impatto sia una delle caratteristiche che contraddistingue il purosangue del green.
E però…
… E però qualcosa sta cambiando radicalmente nell’approccio semplice e forse semplicistico degli appassionati al gioco e quel qualcosa si chiama matematica.
Antropologicamente parlando, la ricerca del controllo sulle cose e sulla vita (e perciò anche sul proprio golf) è una delle tante debolezze radicate nell’animo umano. E se uno swing corretto o un putt formidabile quel controllo lo consentono fino a certo punto, è proprio sul confine dei quel punto limite che oggi entra in partita –e pure a gamba tesa- la matematica.
Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno e soprattutto tra i giovani, è ormai consolidato il ricorso agli algoritmi di App dedicate per migliorare i propri standard golfistici.
Per dire: Will Zalatoris, la sorpresa più scintillante dell’ultimo Masters, fa riferimento dal 2014 al Decade System formulato anni fa da Scott Fawcett, un professionista di golf con più lauree in matematica di un Albert Einstein qualsiasi.
E ancora: con quei numeri stampati su carta, nel 2015 Bryson DeChambeau vinse lo U.S. Amateur e l’NCAA Championship, riuscendo a moderare la sua eccessiva aggressività alle bandiere.
Di che si tratta? Banalmente, il sistema Decade è un frullato di milioni di colpi del Pga Tour, di Google Earth, di statistiche personali e di molta matematica.
Il risultato? Nel tentativo di domare variabili e rimbalzi sgraditi, per ogni percorso Fawcett è in grado di massimizzare per qualsiasi giocatore ogni singola strategia per ogni singolo colpo da tirare.
Tradotto: Decade è in grado di minimizzare la dispersione dei propri colpi.
Fawcett sostiene infatti che anche i migliori golfisti non sono dei cecchini armati di laser, ma piuttosto dei tiratori con in mano una doppietta; per questo motivo lo scopo dei numeri di Decade è quello di far maneggiare loro con cura la dispersione della loro doppietta.
Nell’applicare il sistema, per il guru del golf matematico il lato più complesso non è tanto il calcolo aritmetico delle strategie da adottare, quanto la capacità di restare incollati mentalmente per 18 buche al piano che si è deciso.
Per questo motivo Fawcett sostiene che la capacità numero 1 di Zalatoris non sia tanto il suo swing ampio e potente, ma piuttosto la forza mentale, temprata con anni di “strategia, pazienza, disciplina e presenza”. E allora, lasciatemi dire che per fortuna nel golf il lato umano ancora esiste e resiste, nonostante tutto.