La notizia è di qualche settimana fa, ma, siccome è assai sugosa, merita un approfondimento che fin qui nessuno ha tentato.
Allora, andiamo con ordine: come forse alcuni di voi sapranno, il Pga Tour, pressato dalle offerte da mille e una notte profuse ai migliori campioni da parte della Super Golf League araba, ha da poco lanciato il cosiddetto “Player Impact Program”.
In buona sostanza, il circuito a stelle e strisce ha inventato un mega bonus finanziario da 40 milioni di dollari da dividere tra i suoi dieci giocatori più “influenti” online. E quando si dice online, si pensa soprattutto ai social network.
Per realizzare questa speciale classifica, Il Pga Tour terrà ovviamente in considerazione fattori e metriche standard quali Google Research, l’engagement in rete e molto altro ancora.
Capirete che il tema fa sugo e non a caso le polemiche si sono immediatamente sprecate: alcuni –e tra loro l’ex Open Champion Mark Calcavecchia – sostengono che i soldi andrebbero spesi altrove, magari nello sviluppo del golf giovanile o dei mini tour; altri, come Fred Bum Bum Couples, ricordano che il golf deve premiare chi fa più birdie e non più tweet.
Insomma, la materia deve scottare parecchio se persino il Pga Tour per ora non ha voluto specificare se rivelerà o meno chi a fine stagione sarà il vincitore della top 10 degli influencer, colui il quale si intascherà a suon di like e condivisioni qualcosina come 8 milioni di dollari.
“Personalmente l’idea non mi dispiace”, spiega Alessandro Modestino, founder e CEO di Meloria, gigante della comunicazione in Italia.
“Il Pga Tour – continua Modestino- si deve essere chiesto chi sono gli influencer più influencer del suo prodotto, che poi è il circuito stesso. E si è risposto: sono i campioni. E così facendo ha fatto un passo indietro, realizzando che è molto più facile che un ragazzino sia un fan di Justin Thomas, piuttosto che del Pga Tour. Quindi ciò che il circuito americano sta facendo è semplicemente sfruttare i suoi campioni per aumentare la propria audience e visibilità”.
Ma non sono davvero troppi 40 milioni?
“Il Tour tutti questi soldi li ha, evidentemente, e ha scelto dove piazzarli: in una vera e propria campagna di advertising online. Magari può suonare non giusto, ma si tratta di lavoro, e nel mondo del lavoro le cose funzionano così. E poi sono convinto che saranno gli stessi campioni a devolvere parte del loro ricavato in beneficenza”.
Ok, ma questi 40 milioni non si potevano usare per promuovere campagne di sensibilizzazione?
“Il Pga Tour è un prodotto e come tale deve vendersi. Ora, le chiedo: fa più visualizzazioni Ronaldo che sposta la bottiglietta di Coca Cola, o la campagna giusta e buona contro il bullismo? Glielo dico io: Ronaldo, il campionissimo, perché i ragazzini idealizzano e seguono quello che fanno i loro idoli”.
Però ci sono dei però… Innanzi tutto, si mormora che molti super influencer investano centinaia di migliaia di euro per aumentare il proprio engagement online. Non potrebbe succedere anche con i campioni di golf, che dunque giocherebbero una partita truccata?
“Può accadere, ma non sarebbe una partita truccata come sostiene lei, perché tutto il pagato su Instagram o Facebook è alla luce del sole, per cui chi fa questo mestiere sa benissimo quali movimenti sono di organico e quali invece a pagamento”.
E ancora: al fine di creare hype, cioè attenzione e tendenze online, i campioni non potrebbero postare situazioni o storie totalmente fasulle e inventate?
“Certamente è possibile, ma allo stesso tempo è difficile che accada, perché questi giocatori sono tutti dei prodotti veri e propri e come tali hanno tutti un posizionamento ben preciso sul mercato. C’è lo stiloso, il corretto, il simpatico, il rude, eccetera. Inventarsi storie fasulle rischierebbe di compromettere questo posizionamento”.
In chiusura, mi dica la verità: sui social esiste ancora il confine tra il vero e il fasullo?
“Specifichiamo due aspetti. Il primo: se la si vede online quella cosa è vera, perché in qualche modo è accaduta. Ma teniamo sempre a mente che si sfrutta ogni idea per ottenere visibilità. Il secondo: più che il fasullo, online esiste il premeditato. E tutte le campagne pubblicitarie sono premeditate. O no?”.
Usti…