Dopo la batosta in Ryder Cup subita dal Vecchio Continente, tra i guardoni delle cose del green tanto si è discusso e altrettanto si è criticato circa la modalità di selezione del team e le scelte del capitano.
Partiamo da quest’ultimo punto: con la debacle in Wisconsin, Padraig Harrington c’entra fino a un certo punto. Certo, non sarà un mostro di carisma; certo, può aver sbagliato determinate scelte prima e durante la trasferta, ma più di tanto, non poteva fare. Perché? Perché il board del circuito europeo non gli ha fornito gli strumenti necessari per assemblare un team più in forma di quello sceso in campo a Whistling Straits.
Mi direte: Harrington poteva optare da subito per la strategia di Stricker e scegliere sei picks invece che tre. Certo, sarebbe stato favoloso, ma non poteva. E non poteva, perché quasi sicuramente il board avrà cercato fino allo strenuo di difendere il valore del circuito europeo.
Concedere al capitano di optare per 5/6 scelte, magari strizzando l’occhio al World Ranking, o magari a chi era più in forma in quel momento, o magari a chi aveva performato meglio sul Pga Tour in stagione (vedi Guido Migliozzi, per esempio, col suo 4° posto allo U.S. Open) avrebbe significato delegittimare il peso specifico dello European Tour.
E qui casca l’asino, perché -diciamocelo anche se fa male come una stilettata al cuore- oggi il circuito di casa nostra rappresenta purtroppo poco più di un circuito satellite del Pga Tour.
Potremmo definirlo un challenge di lusso, ma non è niente di più, anche se è già moltissimo essere riusciti nell’impresa di tenerlo in vita. E credetemi: a un certo punto, nel 2020, non era così scontato.
E qui entriamo a gamba tesa nel problema più serio e urgente, soprattutto in vista di Roma 2023:
su questo malandato European Tour sta mancando il giusto ricambio generazionale. O meglio: ci sono moltissimi giovani che si affacciano sul circuito e magari vincono, ma pochi, pochissimi, sono quelli di valore mondiale e dunque da Ryder Cup. E non è dunque un caso se una squadra così anziana come quella del Wisconsin non si vedeva da tempo con tre soli under 30 nel team, di cui due, Rahm e Hovland, che –guarda caso!- hanno costruito la loro carriera negli States e non certamente in Europa.
Che fare, dunque? Intanto bisogna coccolarci Robert McIntyre, Guido Migliozzi e i gemelli Hojgaard, e poi tenere d’occhio questi giovanissimi: il tedesco Mathias Schmid, lo svedese Vincent Norrman e lo spagnolo Eduard Rousaud, ragazzi passati da pochissimo al professionismo, ma con un talento infinito. Nel mentre speriamo pure in un rimbalzo di Sam Horsfield, di Renato Paratore, di Sami Valimaki, di Adri Arnaus, di Matt Wallace e di Tom Lewis, anche se ciò che è emerso da Whistling Straits è duro da accettare ed è questo: ragazzi, in questo 2021 è partito un ciclo a stelle e strisce che sarà durissimo da andare a stoppare.