Dicono che ogni viaggio inizi con un vagheggiamento e si concluda con un invece.
Il viaggio di Rory McIlroy, dopo mesi in cui aveva letteralmente dominato il mondo senza mai mettere il nasino fuori dai top 5 di ogni qualsivoglia classifica, è iniziato alla ripresa del Tour dopo il lockdown 2020, vagheggiando di poter sbombardeggiare la palla dal tee ancora più forte delle sue già fischianti 315 yards di media.
Impresa non facile, direte voi, ma se ce la fa Bryson DeChambeau, allora ce la faccio pure io, ha invece pensato McIlroy.
E dunque, da ottobre 2020 a ottobre 2021, esattamente per un anno, abbiamo visto un Rory assai sbiadito negli score, ma al contempo assai deciso a impersonare una versione da super macho dal tee.
Risultati? Una vittoria e due top 5, roba da leccarsi i baffi per un comune mortale, ma insufficiente per il più grande talento del mondo.
Per dire: nel 2019 i successi di McIlroy erano stati ben tre e le top 5 otto, mentre nel 2020, anno assai strambo per tutti, c’era stato un trofeo alzato e di nuovo otto top 5, ma anche qualche cut mancato tra la sorpresa generale e tanti tornei buttati al vento con quel pull gancio da maschio alfa dal tee.
Poi, la settimana scorsa, dopo la batosta e le lacrime della Ryder Cup, eccolo di nuovo il Rory che tanto amiamo: winner alla CJ Cup con uno score stellare e un gioco spettacolare.
Cos’è cambiato, vi starete chiedendo.
La riposta ce l’ha fornita lo stesso Rory McIlroy:
“Questo è quello che devo fare –ha chiarito McIlory- devo solo giocare a golf, devo semplificare. Devo solo essere me stesso: per parecchi mesi ho cercato di essere un altro per essere migliore, ma alla fine ho capito che essere me è già abbastanza, e che, se sono me stesso, posso fare cose come questa: vincere”.
Dicevamo all’inizio che ogni viaggio inizia con un vagheggiamento e si conclude con un invece; il viaggio di Rory si è concluso addirittura col più banale degli invece: e se invece provassi a essere solo ciò che sono? E se invece venissi a patti con chi sono realmente?
Ora, si sa: volersi bene è un esercizio non semplice. Evidentemente anche per un fenomeno mondiale. Ma, se anche noi, esattamente come McIlroy, la smettessimo di pretendere di essere ciò che non siamo e facessimo tesoro dei nostri vuoti? Mi chiedo, vi chiedo: non saremmo tutti una versione migliore e più autentica e più vera di noi stessi?
Pensiamoci.