Lo annunciamo subito: l’articolo di oggi è estremamente tecnico, infarcito di terminologia swingatoria di ultimissima generazione e di numeri sfornati freschi, freschi dal Trackman, ed è dunque destinato per lo più a una cerchia ristrettissima di neurogolfisti appassionati oltre ogni limite alle cose varie ed avariate del green.
Innanzi tutto, è inutile a dirsi: quando di discetta di numeri e di cifre, è ovvio che si sta parlando di Bryson DeChambeau. O più precisamente, nel nostro caso, dei loft assurdi (assurdi per noi comuni mortali NdR) dei bastoni che il californiano tiene in sacca. Ma attenzione: dei suoi 14 bastoni, sono per lo più tre quelli i cui loft saltano immediatamente all’occhio: il driver, il wedge e il gap wedge.
Iniziamo dal driver che ha solo 6 gradi di loft, contro i 9/10 di un comune mortale: “In effetti – spiega il coach Paolo Pustetto – questo non è un numero così strano. Anzi: considerate che quelli che partecipano alle gare del Long Drive Championship usano loft ben minori, addirittura tra i 4 e i 4,5 gradi, quindi i 6 del bombardiere Bryson, tutto sommato, rientrano nella norma all’interno di questa categoria di super picchiatori”.
E come mai? “Qui il discorso si fa molto tecnico: c’entra il fatto che DeChambeau ha sicuramente un angolo di attacco estremamente positivo unito a una velocità di clubhead altimissima. Con questi dati, se aggiunge un loft basso della testa del driver, diminuisce il dynamic loft e quindi, con il suo ottimo launch angle, riesce a far volare a bomba la palla praticamente senza spin. Tradotto molto semplicemente: il teeshot di DeChambeau decolla a razzo per aria e rotola per chilometri”.
Ancora più interessante il discorso sui wedge super deloftati di Bryson, con un pitch a 40 gradi e un gap wedge a 47, contro i 52 regolari.
“I wedge così deloftati, ovvero così chiusi rispetto alla norma – racconta Silvio Grappasonni- si spiegano solo con il fatto che le 170/160 yard che copre con pitch e gap wedge sono quelle distanze al green che DeChambeau si trova più spesso ad affrontare lungo le 18 buche e sono dunque quelle dalle quali, anche dal rough, ha bisogno di maggior controllo”.
“E’ proprio così -conferma Paolo Pustetto- prendiamo ad esempio un par 5 medio/corto di 530 yard sul Pga Tour: se a Bryson parte una bomba col driver da 350 yard, anche se la sua pallina finisce in rough messa male con un brutto lie, da lì può comunque tirare al green con un wedge a bomba e garantirsi un comodo birdie”.
Resta il nodo dei 7 gradi di differenza tra il loft del pitch e quello del gap wedge, che in teoria sono un’enormità, se pensiamo che la regola aurea consiglia solo 4 gradi di differenza tra un bastone di quel tipo e l’altro: “E’ vero -aggiunge il coach Andrea Reale- ma ormai i giocatori di quel livello sono perfettamente in grado di coprire a memoria tre diverse e precise distanze con ogni wedge, solo posizionando le mani su punti diversi del grip, più o meno in alto o in basso rispetto allo shaft”.
Ora, cosa resta a noi dilettanti da tutto questo sfoggio di potenza e violenza? Forse una cosa sola, ma importantissima: la consapevolezza che come Bryson, anche noi alla fine lo score lo salviamo coi wedge. Poco importa se i nostri hanno loft umani di 48, 52 e 56 gradi: l’importante, semmai, è iniziare a masterizzare le tre distanze per ogni bastone esattamente come fa il californiano: spostando in su o in giù le mani sul grip. Questo lo possiamo fare; tirare bombe a 350 yard, purtroppo, no. Amen: ce ne faremo una ragione.