Quando il campione fa la vittima: anche basta

Per noi guardoni delle cose del green, la sette giorni di Wentworth, subito dopo quella di Atlanta, è stata certamente un’altra settimana di golf stratosferico. Riassumendo velocemente, il torneo è stato l’apoteosi di quel Shane Lowry, che, col suo gioco cremoso, magari non vincerà tantissimo (in tutto sono sei i suoi titoli sul Tour NdR), ma che quando vince, trionfa solo in tornei dall’albo d’oro da 18 carati.

E però, tra un colpo magico di Shane, uno di Rory e uno di Chiccuzzo nostro e pure di Guidino Migliozzi, l’appuntamento di Wentworth è stato pure l’apoteosi della lagna. Soprattutto da parte di alcuni dei giocatori del circuito LIV, che, approfittando di un arbitrato di una corte britannica dello scorso giugno, si sono infilati nel field e hanno potuto prendere parte al ricco BMW Pga Championship.

Ora, stiamo parlando di campioni che, dopo una carriera stellare e stra-milionaria tra Pga e Dp World Tour, adesso, in fase di gioco calante, tentano di restare sulla cresta con un nuovo tipo di carriera: quella da vittima protagonista.

Tra tutti, la palma per la migliore interpretazione del dolente di turno va a Ian Poulter, che a Wentworth (e pure dopo, tramite un post con poco senso per la punteggiatura vergato su Instagram) si è lamentato di tutto e di più. Poverino. C’è da capirlo: un tempo era “The Postman”, il postino Ryder più amato dagli europei; ora è l’ambasciatore della voce dei sauditi. Il che non rappresenta un bel salto di qualità, a dirla proprio tutta.

E insomma, tra una lagna di infima categoria e l’altra, Poulter è poi tornato a casetta sua, cullato dai milioni garantiti dagli arabi e dall’affetto della famiglia. Quella stessa famiglia per la quale aveva raccontato di aver firmato con il LIV in modo da poterci passare più tempo insieme giocando di meno a golf. E poi però si fa vedere impegnato a Wentworth: tu vai a capire perché allora gioca, se ha lasciato il Tour proprio per gareggiare di meno. Mah, sono anche questi i misteri della vita.

Non è invece un mistero questa considerazione: che in tempi duri e tosti e difficili come questi, la soglia di sopportazione per le lagne altrui si sta velocemente abbassando. Quando poi il vittimismo è milionario e tocca il ridicolo, allora è proprio arrivato il momento di perdere ogni freno inibitorio e di smettere di frequentare la buona educazione. Non so se mi sono spiegata, ma credo proprio di sì.

(PS Nel mentre, nel tempo in cui ci lamentiamo di chi si lamenta, ricordiamoci che da giovedì al Marco Simone scatta l’Italian Open più entusiasmante degli ultimi anni: in questo frangente non ci sono lagne o scuse che tengano, il torneo si DEVE andare a gustare dal vivo, mi raccomando! Divertitevi!)


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