Nell’ultima conferenza stampa a cui ha partecipato, quella della scorsa settimana, un giorno prima del torneo in Messico, Collin Morikawa sembrava Jep Gambardella ne La Grande Bellezza quando dichiara: “Sono arrivato a un’età in cui non voglio più perdere tempo a fare cose che non ho voglia di fare”.
Tradotto: più che un baldo e milionario venticinquenne sembrava un sessantenne alle prese con le vene varicose e il mal di vivere.
“Non sono più giovane” –ha esordito Collin, mentre spiegava ai giornalisti attoniti perché il suo magico swing non producesse da un po’ il suo baby fade naturale, ma piuttosto un improvviso e fastidioso draw.
“Il mio fisico non è più come a 20 anni – ha continuato Morikawa – e di conseguenza nel downswing il mio ginocchio sinistro non è più così celere ad aprirsi con i fianchi verso il bersaglio. Ho dovuto lavorare sodo in palestra per rimetterlo in riga”.
E ancora: “è come se l’ordine che parte dal mio cervello a volte non arrivi al ginocchio, che infatti non risponde”.
Ora: qualsiasi preparatore atletico vi dirà che in stanchezza mentale, il fisico tende sempre in autonomia a cercare il movimento più economico a livello di energia. E, nel caso del ginocchio di Collin, a stare piantato.
A seguire la conferenza stampa di Morikawa e le sue parole, la sensazione che se ne traeva era quella di un ragazzo che se non vince da un anno esatto (da Dubai 2021 NdR), non è tanto a causa di un malfunzionamento del ginocchio nello swing, ma più per un appannamento mentale dopo un biennio strepitoso. Il che ci sta, ovviamente (e ci sta anche che Collin si riprenda velocemente), ma questo ragionamento ci porta immediatamente a un’annosa questione: a che tipo di pressione sportiva e mediatica sono sottoposti questi ragazzi sin da quando sono dei teen ager? E, ai ritmi forsennati di oggi, quanto a lungo può reggere una carriera golfistica a questi livelli?
Personalmente, se non credo che si possa sopportare qualcosa di più oltre i 10 anni, allo stesso tempo sono convinta che di storie infinite come quelle di Tiger o Mickelson non ne vedremo più: oggi e ancor più domani, si comincia presto, si finisce altrettanto presto.