Ci avete fatto caso? Il golf mondiale, soprattutto a livello pro, si sta largamente svecchiando. Per dire: l’unico over 30 con i capelli brizzolati all’interno dei quattro recenti semifinalisti dell’ultimo Dell Technologies Match Play Championship era Rory McIlroy: i suoi 33 anni lo rendevano di gran lunga il più vecchio rispetto agli altri tre contendenti (Scheffler, Burns e Young, tutti con un’età compresa tra i 25 e i 26 anni).
E ancora: se andiamo a studiare l’anagrafe degli attuali top 10 del World Ranking (a proposito, Justin Thomas ne è appena uscito e di Jordan Spieth non c’è neppure l’ombra NdR), l’età media dei giocatori è di 28,0 anni e il 70% dei campioni in quella fascia è rappresentata da giovanissimi under 30.
Ma forse il dato ancora più interessante, quello che ci fa intuire in che direzione oggi sta volando il golf mondiale, è quello relativo alla classifica mondiale di 10 anni fa esatti: a fine marzo 2013, l’età media dei top ten era di 32,5 anni, con i soli McIlroy e Bradley a non aver ancora spento le candeline dei 30 anni.
A conti fatti, negli ultimi due lustri l’età media dei più forti giocatori al mondo si è abbassata di quattro anni e mezzo esatti, e, se nel 2013 la piena maturazione (a eccezione del fenomeno Tiger) si otteneva dai 30 anni in poi (all’epoca nei primissimi al mondo c’era addirittura un 46enne come Steve Stricker NdR) , oggi è evidente che l’apice della forma lo si raggiunge già entro i 26 anni.
A questo punto, la domanda è d’obbligo? Che cosa sta succedendo? Cosa sta cambiando nel golf di altissimo livello?
“Sta semplicemente accadendo che quel tipo di golf sta diventando sempre più legato all’aspetto fisico” spiega Silvio Grappasonni, ex giocatore di Tour.
“Sui campi da 7.200 yard -continua Grappasonni- dove i più giovani volano col tee shot i bunker a 300 yard e dove poi si lasciano un wedge o al massimo un ferro 9 all’asta, è ovvio che chi non è al top della condizione fisica oggi faccia molta più fatica rispetto a un tempo. Ma non solo: anche nel 2013 c’era chi tirava fortissimo dal tee, ma, a parte Tiger, qualsiasi altro bombardiere non era competitivo dalle 150 yards in giù. Oggi i ragazzi come Scheffler o Burns non solo hanno medie devastanti col drive, ma tirano anche molto dritto e hanno un controllo della distanza con i ferri incredibile”.
Se poi si aggiunge che questi giovani pattano tutti in modo estremamente efficace, abbiamo immediatamente il ritratto del giocatore 4.0: potentissimo dal tee, formidabile sui green e dunque praticamente quasi imbattibile.
“Quello che sto notando -aggiunge Grappasonni- è che non solo il fisico conta sempre di più e ormai sta diventando quasi decisivo, ma che, se desideri essere competitivo a questi livelli stellari, oltre a essere in forma, devi essere anche grosso e pesante: la figura del golfista moderno, insomma, si sta avvicinando sempre di più a quella del lanciatore di martello”.
E in effetti, a pensare anche al movimento dei piedi nel corso dello swing di Scheffler, il paragone di Grappassonni appare davvero appropriato.