In molti dicono che dai 20 ai 40 anni accade tutto quello che deve accadere, il resto sono piccoli dettagli o grandi remake; per il 42enne Justin Rose, invece, dai 40 in avanti, la vita si appresta a essere “una tela bianca” (come la definisce lui NdR), che l’inglese desidera disegnare ispirandosi alla carriera di Steve Stricker, il tipino fino del Wisconsin che è riuscito a vincere per ben sette volte sul Pga Tour dopo aver spento le fatidiche 40 candeline. E a giudicare dai primi mesi di Justin in questo 2023, parrebbe che l’ex enfant prodige del golf britannico sia “on the right track”, sulla strada giusta: una vittoria a Pebble Beach (l’undicesima ottenuta sul circuito statunitense), più due top 10 pesanti al The Players e al Pga Championship hanno rimesso in corsa Rose per il team europeo della Ryder Cup romana.
Ora: chi avrebbe potuto anche solo immaginarselo, dopo le sue due stagioni opacissime tra il 2021 e il 2022? Chi, se non lo stesso Justin, uno che alle rimonte e alle resurrezioni è abbonato sin dagli anni più giovani quando mancò ben 21 tagli di fila su 21 tornei giocati?, per poi finire per vincere uno US Open e una medaglia d’oro alle Olimpiadi?
Morale: oggi osservi Justin Rose, che ha sempre quel suo solito swing setoso anche se qualche ruga in più e un paio di fili d’argento hanno fatto capolino sul volto, e non puoi fare a meno di chiederti: ma quand’è che s’inizia davvero a invecchiare? Forse quando si smette di sperare e di credere di poter ancora migliorare. Forse quando si smette di farsi le domande giuste che tanto è tutto inutile. E forse quando, di conseguenza, non si prendono più decisioni anche sofferte, ma intelligenti.
Ecco, Rose tutto questo non se lo è mai permesso. Piuttosto ha preferito tagliare i conti col passato (vedi la fine del suo rapporto col coach Sean Foley) e credere in se stesso, nel suo talento, nella sua dedizione e nelle proprie scelte. Così si è affidato a Mark Blackburn, il guru dello swing di Max Homa, al fisio Charlie Marshall e al caddie Josh Cassell: ha rischiato, riponendo la sua carriera nelle mani di un trio tutto nuovo e però i risultati sono arrivati. E forse sono arrivati più velocemente di quanto si aspettasse, con la sua pallina che oggi se la viaggia a 178 miglia orarie, rapida e forte come mai prima.
“Pazienza, lavoro duro, fiducia in se stessi e la voglia di iscrivermi ai tornei: queste sono le mie armi” ha recentemente dichiarato Justin Rose, che dopo aver mancato la Ryder 2021, non ha nessuna intenzione di saltare quella di quest’anno.
Stricker docet.