L’accordo quadro rallenta, il PGA Tour no
Pochi giorni fa ho analizzato lo stato dell’arte dell’accordo che, quando fu annunciato nello scorso mese di giugno, sembrava destinato a scuotere dalle fondamenta il sistema del golf professionistico in tempi relativamente brevi.
I nodi da sciogliere anziché diminuire, aumentano.
Come riportato dalla ESPN, il Tour ha voluto informare degli sviluppi i giocatori, inviando loro mercoledì scorso un promemoria dai contenuti piuttosto interessanti.
Infatti, un passaggio del comunicato, firmato dal vice-presidente Jason Gore, apre nuovi scenari:
“Noi restiamo concentrati sulla definizione di un Accordo Definitivo con il PIF ed il DP World Tour ma, non sorprendentemente, queste trattative hanno generato ua serie di allargamenti e proposte da parte di un certo numero di investitori interessati”
“Tutte queste attività rinforzano ulteriormente la già salda posizione del Tour ed il nostro potenziale di crescita”.
Quindi.
Da un lato l’accordo quadro fatica a prendere la forma di quello definitivo, sia per problemi di tipo istituzionale (Senato Statunitense e Dipartimento di Giustizia, NDR), sia di tipo contrattuale (pare che i sauditi vogliano “pesare” di più nell’ambito della nuova entità e che puntino i piedi per inserire il golf a squadre nel “nuovo ordine” del golf professionistico).
Dall’altro il PGA Tour si trova improvvisamente (e senza avere fatto pressioni, come ha tenuto a sottolineare Jason Gore, NDR) al centro dell’interesse da parte di aziende e gruppi che desiderano investire nel Tour.
Secondo la ESPN sarebbero circa una decina (una di esse é la Fenway Sports Group, già sponsor di una delle squadre della TGL di Woods e McIlroy, sarà un caso? NDR), le cui intenzioni di investimento non sono ancora chiare.
Quello che é chiaro é che il PGA Tour punta ad un monte investimenti che gli consenta di fare fronte direttamente agli impegni nel caso che l’accordo con il PIF dovesse non perfezionarsi.
Quello che é altrettanto chiaro é che tutto questo é frutto di una intensa attività di lobbying (molto probabilmente innescata dalle resistenze a livello governativo), svolta da terzi per evitare motivi di lite con i sauditi.
Più che di una trattiva, la vicenda ha preso i tratti di una partita a scacchi.