Chi sarà il prossimo Rory?

Riavvolgendo all’indietro il nastro di questo 2023 golfistico, i ricordi che immediatamente mi sovvengono in mente sono tre: la vittoria schiacciante del team Europe in Ryder Cup, l’estate stellare di Viktor Hovland e il boom di Ludvig Aberg. Ora, inutile sottolineare che le tre memories sono strettamente collegate tra loro: senza l’apporto del norvegese e dello svedesino a Roma, probabilmente, non ci sarebbe stato il successo in Ryder Cup.

Detto ciò, mi domando se in un prossimissimo futuro uno dei due nordici non possa diventare il nuovo Rory, sia per numero di vittorie, sia per il carisma all’interno dello spogliatoio europeo.

Da parte mia, la risposta è sì: per quanto riguarda Hovland, gli enormi progressi segnati da Viktor nel suo unico punto debole, vale a dire nel gioco intorno ai green, uniti alla perfezione del suo golf da tee a green, lo rendono il candidato ideale alla poltrona di numero 1 del mondo.

E Aberg? Sei mesi dopo il suo passaggio al professionismo, Ludvig ha già mostrato di essere in possesso di uno swing strabiliante, qualità che lo rende uno dei più forti colpitori di palla all’interno nell’universo golfistico. Ma non solo: la sua capacità di restare incollato al processo anche sotto pressione ne fanno uno dei giocatori più cool dei circuiti pro e uno dei più osservati persino dagli stessi colleghi.

Se lo svedese dovesse seguire la strada già percorsa da Hovland, migliorando ulteriormente il suo chipping intorno ai green e, più in generale, il suo gioco entro le 100 yard, a soli 24 anni diventerebbe certamente l’uomo da battere nei prossimi mesi.

Certamente la strada verso l’Olimpo del golf mondiale è lastricata da migliaia di difficoltà da superare e da altrettanti imprevisti da scansare, ma al contempo il talento, l’umiltà, l’etica del lavoro e i team di cui Hovland e Aberg sono circondati, fanno ben sperare per la via di questi ragazzi verso la Hall of Fame.


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