La bomba golfistica della settimana l’ha sganciata Bloomberg: i tentativi di accordi tra Pga Tour e LIV proseguono ininterrotti sottotraccia, nonostante mesi e mesi di silenzi, e però sono arrivati a un inaspettato punto critico. Che è questo: la dura reazione dei giocatori del circuito americano di fronte a un possibile ritorno degli ex colleghi sbarcati nei tornei sauditi.
Tradotto: i lealisti del Pga Tour non ci stanno. E chiedono multe. O risarcimenti. O donazioni. O la restituzione dei tanti petroldollari guadagnati dai traditori. Il tutto, cioè il malloppo, andrebbe in beneficenza, per carità, ma resta una questione evidente: l’avidità dei campioni. Che è sempre stata il motore di questo sciagurato scisma golfistico. Ma che, pur di fronte a una crisi degli ascolti televisivi e dunque di fronte a un disamore da parte del pubblico (che dovrebbe essere invece il pensiero numero 1 da parte dei vari circuiti), non cessa di dettare legge.
Non ci stanno, insomma, i giocatori del Pga Tour. Non ci stanno a vedere i loro colleghi arricchiti tornare sul luogo del delitto come se niente fosse, quando loro non ssono invece rimasti fedeli al circuito a stelle e strisce e soprattutto hanno creduto ciecamente alle parole dello stesso circuito quando il capo in persona, Jay Monahan, tuonava: “I traditori non torneranno mai”.
Non ci stanno i giocatori del Tour, perché, diciamocelo, sentono di aver fatto la figura degli stupidi. Ma la fanno ancora di più oggi, quando acciecati dall’avidità, non si rendono conto che è stata proprio la leva del LIV a far lievitare i loro montepremi, a produrre i tanti tornei da 20 milioni di dollari e a renderli proprietari di partecipazioni azionarie del Pga Tour.
In buona sostanza, la verità è una sola, purtroppo: che i giocatori del Tour questo accordo tra LIV e Pga non lo vogliono proprio. In barba ai desideri del pubblico, che invece desidererebbe finalmente rivedere giocare insieme tutti i grandi del golf. Ma questo, che importanza volete che abbia?