Quando il successo è nemico del successo

È certamente una fatica improba tenere le fila di un giro di golf quando si è un professionista del Tour; lo è ancora di più -pare- quando si scende in campo il giorno dopo aver chiuso un round straordinario vicino ai 60 colpi.

È infatti ormai una delle regole più rispettate nel mondo dei circuiti pro quella secondo cui è assai arduo scendere sotto i 70 dopo 18 buche siglate con score magari di 59, o 60, o anche 61.

Parrebbe incredibile, eppure è proprio così. Per dire: l’ultimo a farne le spese è stato il nostro Edoardo Molinari, brillantemente impegnato in questi giorni nel Final Stage della Qualifying School del DP World Tour in Spagna, mentre era alla caccia del rinnovo della carta per il 2025. Sul percorso dell’Infinitum Golf, a Tarragona, il torinese ha infatti segnato uno strepitoso 61 (-10) nel secondo giro, per poi tornare in campo il terzo giorno e chiudere con un mesto 72 (+1): niente di nuovo, niente di raro, come abbiamo già anticipato qualche riga più su. Ma a questo punto la domanda sorge spontanea: perché accade? Perché anche i campionissimi paiono far fatica a ripetersi manco fossero novelli Paganini?

“Personalmente – spiega Andrea Zavaglia, mental coach abituato a lavorare con sportivi di alto profilo di discipline che vanno dal golf al pugilato e dal softball al wakeboard- proverei a invertire la prospettiva. Mi spiego meglio: l’atleta non è una macchina, ma un essere umano che ha a che fare in ogni round con variabili ardue da controllare che incidono sulla sua prestazione. Per questo, dal mio punto di vista, se dopo un 60 o un 61, che, ricordiamocelo, sono delle eccezionalità, segna un 71, va benissimo e gli vanno fatti grandi complimenti. Anche perché nel day after di una grande prova, il giocatore prova certamente un calo a livello di energie mentali e fisiche. In questo contesto, un giro vicino al par del campo resta comunque ottimo”.

Ma non solo: “C’è poi un altro aspetto da tener presente ed è come la mente del giocatore in questione, che magari ha appena segnato un 60, percepisce quello score così basso. Se lo avverte come una situazione eccezionale, fuori dai radar, come insomma un risultatone, diventa difficile che possa ripetersi nel giro successivo”.

In più, non va mai dimenticata la paura di vincere: “Certamente entra in gioco anche questa sensazione. Un punteggio eccezionale ti mette in gioco, addirittura in lizza per il titolo. Con una nuova pressione addosso, può succedere che il giorno dopo il giocatore si ritrovi a performare col freno a mano tirato, proprio per la paura di mandare all’aria tutto”.

Ora: fortunatamente il nostro Edoardo Molinari, dopo il super 61 e il conseguente 72 del terzo giro a Tarragona, ha ripreso poi il suo cammino con un 68 nel quarto round ed è attualmente nelle primissime posizioni del Final Stage che si conclude proprio oggi: alla fine non sempre il nemico del successo è il successo stesso.


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