Chiuso il primo appuntamento “pesante” del DP World Tour a Dubai e calato il sipario sui primi tre tornei del Pga Tour, vale la pena soffermarsi cinque minuti per stilare un piccolo elenco di situazioni che vanno decisamente approfondite.
Innanzi tutto, partirei dal rendimento di Tyrrell Hatton, che a oggi, nonostante i risultati, è ancora uno dei giocatori più sottovalutati del circuito: numero 8 del mondo, posizione raggiunta in seguito al successo ottenuto a Dubai (il secondo sul DP World Tour negli ultimi quattro mesi NdR), è il golfista targato LIV con la migliore classifica nel World Ranking. Dietro di lui, in dodicesima piazza, Bryson DeChambeau, mentre è sparito dai top 30 lo spagnolo Jon Rahm, in totale involuzione golfistica dal passaggio sul circuito saudita.
In definitiva, Hatton pare essere quello che meglio di tutti si è adattato al suo nuovo calendario mondiale, diviso tra LIV, DP e Major e si candida a essere uno dei protagonisti del 2025.
Quindi, spostandoci sul Pga Tour, metterei la lente di ingrandimento sugli score degli ultimi tre tornei, dove ormai pare che il nuovo par del circuito sia 68, anziché il classico 72.
Per dire: andando a studiare i punteggi vincenti del The Sentry, del Sony Open e dell’AmEx, si ottiene una media score di 65.7, ben 6 colpi virgola 3 sotto al par a giro. Un livello eccezionale.
Da qui appunto la provocazione: se questi sono i numeri necessari per vincere i tornei, allora forse il par (o meglio, il punteggio medio dei giocatori) si sta abbassando rapidamente verso il 68.
Un’altra nota per sottolineare la bontà del gioco sul suolo americano: nel recente American Express, Taylor Moore non ha segnato un singolo bogey e col suo meno 19 ha chiuso il torneo in decima posizione. Bene: è il primo giocatore a disputare 72 buche senza nemmeno una sbavatura sullo score e a non vincere il torneo dal 2021.
Nel mentre, ciò che sta peggiorando in America è decisamente il pace del gioco: oltre 3 ore e trenta per chiudere le prime 11 buche nell’ultimo round dell’Amex sono davvero un tempo insostenibile. Eppure nessuno ai piani alti del Pga Tour, a partire dallo stesso Jay Monahan, pare interessarsene. Anzi.
Infine: un applausone a Guido Migliozzi per la sua top ten a Dubai e a Matteo Manassero per il suo esordio in terra americana all’AmEx, e invece, al contrario, c’è un minimo di preoccupazione per lo slump prolungato di Viktor Hovland, che ha mancato il cut a Dubai dove è stato avvistato con TJ Yeaton, il suo nuovo coach.