Quando la palla è caduta in buca all’ultima del New Zealand Open 2025, Ryan Peake ha alzato le braccia al cielo e ha urlato di gioia. Un grido liberatorio, dopo anni trascorsi a chiedersi se avrebbe mai avuto un’altra possibilità. Per il 31enne australiano non era soltanto una vittoria sportiva, ma la dimostrazione di essere riuscito a cambiare la propria vita.
L’infanzia e il talento naturale
Cresciuto a Perth, figlio di un muratore diventato greenkeeper, Peake ha impugnato per la prima volta un ferro da golf da bambino. I suoi swing furono così fluidi e potenti da lasciare tutti senza parole. A 10 anni aveva già i suoi ferri personali e collezionava trofei.
Il talento era evidente: a 12 anni vinse una partita contro avversari molto più grandi, a 17 partecipò da dilettante all’Australian Open e l’anno seguente arrivò decimo al WA Open. Colpi spettacolari, potenza impressionante e grande carisma lo resero un giovane fenomeno.
La solitudine e la discesa
Dietro i sorrisi, però, si nascondeva un ragazzo fragile. La solitudine del golf e i problemi di depressione lo isolarono. A scuola fu vittima di bullismo, e anche se reagì, il malessere rimase.
Parallelamente, iniziò a frequentare i Rebels, una gang motociclistica nota alle autorità australiane. Quella fratellanza, così diversa dal mondo individualista del golf, lo attirò irresistibilmente.
Nel 2012, a 19 anni, decise di diventare professionista sperando che il denaro desse un senso alla sua carriera. Fu il contrario: mancavano disciplina e costanza, e presto il sogno svanì. Depresso e senza prospettive, abbandonò i ferri e si rifugiò nella vita di strada.
L’arresto e la condanna
Nel 2014 un episodio violento segnò la sua caduta definitiva. Coinvolto in un pestaggio che lasciò la vittima gravemente ferita, Peake fu arrestato e condannato a cinque anni di carcere.
La prigione di Hakea, una delle più dure e sovraffollate d’Australia, lo mise a nudo: celle sporche, topi, umiliazioni quotidiane. Peake all’inizio resse con durezza, ma presto capì che la vita non poteva continuare così.
La scelta di cambiare
Dietro le sbarre decise di riprendersi la sua dignità. Perse peso, studiò per ottenere un diploma tecnico e cominciò a scrivere lettere di scuse, anche al suo ex allenatore Ritchie Smith. Proprio Smith, famoso coach di campioni come Minjee Lee, gli propose di tornare al golf.
Prima, però, Peake dovette affrontare una scelta delicata: chiedere ai Rebels di lasciarlo libero. Contrariamente a quanto temeva, la gang lo sostenne. «Hanno visto un’opportunità per me di rifarmi una vita», racconta.
Negli ultimi mesi di pena, trasferito in una struttura a bassa sicurezza, ottenne permessi per allenarsi. Dopo sei anni senza giocare, nel primo torneo firmò un clamoroso 66 senza bogey. «Fu la prima volta che pensai: forse non sono del tutto perso».
Il ritorno sul green
Scarcerato nel 2019, Peake tornò al Lakelands Country Club, dove aveva mosso i primi passi. Lavorava come greenkeeper e si allenava con crescente intensità. Passo dopo passo, riconquistò il suo livello.
Viaggiava per tornei minori a bordo di un furgone, alternando gare e lavoretti per mantenersi. Il talento era intatto, ma ora era accompagnato da una nuova forza mentale: dopo aver affrontato il buio del carcere, nulla sul campo da golf lo intimoriva più.
Nel 2023 ottenne lo status parziale nel Challenger PGA Tour of Australasia, e l’anno seguente conquistò la carta completa.
La vittoria che cambia la vita
La svolta arrivò al New Zealand Open 2025. Rischiò di non entrare nel Paese a causa dei precedenti penali, ma una volta in campo dimostrò tutto il suo valore. Con un giro in 64 colpi il venerdì si mise in corsa, e domenica vinse il torneo.
La vittoria gli regalò non solo il trofeo, ma soprattutto la qualificazione all’Open Championship , il torneo che sognava da bambino. Pochi giorni prima aveva anche chiesto la mano della compagna Lee, che aveva detto sì.
«La mia paura più grande era che il tempo finisse», ha ammesso Peake. «Ora so di essere abbastanza bravo. Mi servivano solo le occasioni per dimostrarlo».
Oltre l’etichetta
Peake non nega gli errori commessi e non vuole che la sua storia sia romanzata. «Non voglio essere ricordato come l’ex biker che ha giocato l’Open. Voglio essere conosciuto per chi sono oggi».
Chi lo circonda nota la trasformazione: umile, grato, generoso nei piccoli gesti — come quando regalò a un socio malato terminale la bandiera della 18ª buca del New Zealand Open.
Il padre Mel riassume: «Ryan merita di essere visto per la persona che è oggi: dedicato, resiliente, pronto a lasciare un segno nel golf».
Un futuro da scrivere
Quindici anni dopo aver fatto coppia con il coetaneo diciassettenne Cameron Smith per vincere la divisione ragazzi della Trans Tasman Trophy, Ryan Peake è tornato al suo fianco a Royal Portrush, insieme al campione dell’Open 2022.
«Ovviamente è stato un grande percorso di avvicinamento. Credo di aver fatto la preparazione giusta, il campo è stato fantastico, il pubblico incredibile. L’ospitalità, il supporto, tutti hanno fatto più del dovuto per mettermi nelle condizioni migliori. Da quel punto di vista è stato tutto eccezionale. Solo il golf è stato deludente.
Rifletterò sull’esperienza più avanti, ma per ora resta la delusione di non aver giocato nel weekend».
Peake si è comunque goduto l’occasione di giocare per due giorni al fianco di Phil Mickelson, sei volte campione major, che a 55 anni ha ancora centrato la qualificazione al fine settimana.
«Giocare con Phil è stato ovviamente fantastico. Cercavo di restare concentrato sul mio gioco, ma lui è stato cordiale, parlava con me», ha raccontato l’australiano di Perth.
«Non era nei piani giocare in un major. Non voglio sembrare troppo negativo, né colpevolizzarmi, ma per un po’ credo sia giusto concedermi la delusione per la mia prestazione. È comunque qualcosa da cui crescere.
Fa male che sia andata così, ma sono onorato di aver avuto il privilegio di esserci.
«Ora ho un calendario pieno», ha detto. «Sto per tornare a Perth, avrò tre o quattro settimane di pausa e poi esaminerò il programma.
Ho circa 13 tornei in Asia da giocare nella seconda parte di stagione. Vedrò a quali parteciperò e poi mi preparerò per l’Europa verso fine anno.
Ho tante cose a cui guardare con entusiasmo, ma anche un po’ di lavoro da fare dopo questa settimana».