Wentworth 2025: numeri, pronostici e aria di Ryder
C’è chi dice che il BMW PGA Championship sia “solo” il torneo di casa del DP World Tour. Ma la verità è che Wentworth, a settembre, è molto più di una tappa obbligata: è il termometro europeo pre-Ryder Cup, è il campo di allenamento mentale per capire chi arriverà a Bethpage coi ferri caldi e chi invece rischia di partire con le valigie piene di dubbi. Quest’anno, poi, il field sembra un meeting condominiale di Team Europe: 11 su 12 della squadra ci sono (assenza giustificata per Straka), e in più sfilano fenomeni come Matsuyama, Conners, Koepka e Reed. Visto il field ed il montepremi, possiamo tranquillamente paragonare il BMW PGA Championship di quest’anno ad un signature event del PGA Tour.
Wentworth: l’università del tee-to-green
Il West Course, par 72 da 7.267 yard, è un parkland classico ridisegnato da Ernie Els. Fairway stretti come una porta d’ascensore, rough pronto a punire più del VAR. Ma la vera chicca è la chiusura: due par 5 consecutivi (17 e 18) che trasformano ogni leaderboard in un elettrocardiogramma. Dal 2019 si gioca a settembre e i punteggi medi si sono alzati: negli ultimi 5 anni, il vincitore è stato tra -18 e -20 (media -18,6).
StatBox storico:
– % fairway hit media vincitori: 55-58%
– % GIR: 71-73%
– Putts per GIR vincente: sempre sotto 1.75
– Negli ultimi 16 anni, 7 titoli a inglesi.
– Nel 2024 Horschel ha vinto a -20 con SG Putting +1.7 per round (una lezione: puoi anche essere medio dal tee, ma se azzecchi il pacing sul putt, fai il botto).
Insomma: serve solidità tee-to-green, scrambling di livello e un putter che almeno nei momenti clou non ti tradisca.
I favoriti: numeri, sensazioni e ironia leggera
Rory McIlroy – È arrivato fresco di rimonta all’Irish Open e, con un candore che farebbe sorridere anche il più cinico, ha dichiarato che l’Europa a Bethpage sarà “underdog”. Bene Rory, se questo è essere sfavoriti, allora io sono favorito per il Masters. A Wentworth ha vinto nel 2014, ha infilato sei top-10 in carriera e quest’anno gira con il miglior Strokes Gained Putting della sua vita (+0.64).
Jon Rahm – Curriculum qui: 2°, T2, 4°. Statistica assurda: nelle sue tre apparizioni ha perso in media meno di 0.2 colpi per round dal tee e guadagnato oltre +1.3 con l’approach. Tradotto: quando mette il drive in fairway è imbattibile.
Tommy Fleetwood – Finalmente “sbloccato” con la vittoria al Tour Championship, ora cerca la prima perla a Wentworth. Il ferro medio di Fleetwood (dai 150 ai 175 metri) oggi è nei top 3 del mondo per SG Approach. Se trova ritmo col putt da 3-5 metri, può tranquillamente spazzare via il field.
Shane Lowry – Nel 2022 ha vinto a -17 con un weekend praticamente senza errori. Quest’anno ha cambiato driver, e i dati dicono che dal tee ha guadagnato in media +0.55 colpi per round negli ultimi due mesi. Putting un po’ letargico come sempre, ma attenzione: a Wentworth “vede” le linee come pochi.
Viktor Hovland – Back-to-back top-5 a Wentworth, +1.2 SG Tee-to-green medio qui negli ultimi due anni. Se il driver torna “modello 2023”, è seriamente uno dei più pericolosi.
Justin Rose – L’eterno ragazzo di Wentworth: 20ª presenza, esperienza infinita, e un dato che fa riflettere: nelle ultime 6 settimane è stato top 15 nel Tour in putt dentro i 2 metri (96%). Leadership, esperienza e il profumo di casa e di Ryder.
Outsider “veri” (per chi ama la narrativa improbabile)
Victor Perez – Giocatore da strappi improvvisi: l’anno scorso ha alternato giri da -6 a giornate da “mi voglio ritirare alla 5”. Se il putt gira, ha i colpi per dar fastidio.
Jordan Smith – Ball-striking tra i più sottovalutati del DP World Tour. Statistica: top 10 per SG Approach su green sopra i 6.000 mq (come Wentworth). Potrebbe far rumore se tiene il putter.
Thorbjørn Olesen – “Thunderbear” è uno da colpi spettacolari e domeniche da adrenalina pura. In carriera è già stato clutch in Ryder, e su un campo dove la fantasia serve, può accendersi.
Andy Sullivan – Non lo metto per i numeri (che sono onesti, non scintillanti), ma per storyline: inglese doc, conosce il campo, e ogni tanto spara 63 senza preavviso.
Cosa ci racconta Wentworth in vista della Ryder?
A Wentworth la driving accuracy sotto pressione non è un dettaglio: ogni tee shot fuori misura equivale quasi sempre a un bogey automatico, perché il rough e i fairways stretti non perdonano. È un banco di prova perfetto per Bethpage, dove il tutto sarà ancora più punitivi: chi riesce a reggere qui avrà almeno l’ossigeno necessario per respirare a New York.
Il secondo indicatore è lo scrambling, che negli ultimi dieci anni ha fatto da spartiacque. Tutti i giocatori che hanno chiuso in top-5 hanno salvato il par in più del 65% delle occasioni: un numero che non mente. Tradotto, la Ryder non si vince solo con i drive chilometrici, ma anche con un wedge corto in grado di tenere in piedi i match quando il colpo lungo ti abbandona.
Poi ci sono i pairings, che non sono mai casuali. Mettere McIlroy, Lowry e Rahm nello stesso gruppo al giovedì è molto più che un esercizio di logistica: è un laboratorio sociale, una prova generale per testare dinamiche, scintille e possibili sinergie da trasferire direttamente a Bethpage.
Sul piano mentale, colpisce la scelta di Rory di abbracciare la narrativa dell’ “underdog”. Sentir dire al leader tecnico e carismatico del team che l’Europa parte sfavorita è pura psicologia applicata: scarica la pressione, ricarica i compagni e sposta l’attenzione sul collettivo invece che sui singoli.
Infine c’è la questione della leadership silenziosa, quella che non si misura a colpi guadagnati ma a fiducia trasmessa. Justin Rose e Shane Lowry incarnano esattamente questo ruolo: Wentworth è l’occasione ideale per verificare quanto i loro gesti, i loro tempi e la loro calma possano diventare la colonna vertebrale emotiva del gruppo europeo.
Occhi incollati alla TV
Il BMW PGA Championship non è solo il torneo più importante d’Europa fuori dai Major: è il palcoscenico dove si studia la Ryder Cup prima che il sipario si alzi a Bethpage. Wentworth ci dirà chi ha il gioco, chi ha la testa e chi invece dovrà lavorare prima di volare a New York. E se la storia ci insegna qualcosa, occhio agli inglesi: quando si gioca in casa, il West Course tende a regalare loro un finale felice.