So di non sapere.
In questa massima si racchiude l’essenza del pensiero di Socrate, giunto alla sua maturità. Io gioco a golf da più di quarant’anni, e dopo tutto questo tempo sicuramente ho un po’ di “mestiere nelle mani”. Il mio swing si è consolidato e negli ultimi trent’anni non è cambiato molto; i miei errori sono fondamentalmente sempre gli stessi e più o meno so, se non come correggerli, come metterci una pezza per portare a casa un giro di campo senza troppi danni. Ho raggiunto la mia maturità golfistica e, come Socrate, ho compreso che “so di non sapere”.
Il mio swing è ormai istintivo, impresso nella memoria muscolare: non penso a come staccare il bastone, a dove fermare il backswing, a come arrivare all’impatto: succede e basta. Eppure ogni volta che vado in campo c’è qualcosa di diverso, qualcosa che non permette a tutti i meccanismi dell’ingranaggio di funzionare come dovrebbero, e ho realizzato che non si tratta del modo in cui muovo il bastone, ma di tutto ciò che precede l’inizio dello swing.

Contravvenendo ai miei solidi principi che mi impongono di non giocare a golf fino a quando è in vigore l’ora solare, ho deciso che questo inverno andrò a praticare e a fare lezione ripartendo dalle basi: stante il fatto che il mio swing è il mio swing, e non posso e non voglio cambiarlo, cosa devo fare per renderlo più efficace? Come devo impugnare il bastone? Meglio un grip forte o un grip debole? Come devo addressarmi sulla palla? Meglio aperto o chiuso? A che distanza devo mettermi? Come devo tenere la punta del piede sinistro?
Ci sono voluti molti anni, ma sono arrivato alla conclusione che devo tornare a lavorare sui fondamentali: se impugno sempre allo stesso modo, mi allineo sempre allo stesso modo, mi preparo al colpo sempre allo stesso modo, con buona probabilità il mio swing sarà sempre uguale, e anche se non è perfetto saprò come metterci una pezza.
Dopo aver vinto lo U.S. Open, Corey Pavin rispose ad un giornalista che contestava il suo modo poco ortodosso di colpire la palla: “Per vincere non serve tirare dei bei colpi, serve tirarne pochi”. D’altro canto, se pensiamo a giocatori come Jim Furyk, Bubba Watson o lo stesso numero 1 al mondo, Scottie Scheffler, sicuramente non rappresentano l’idea di purezza dello swing, eppure il loro gioco è incredibilmente efficace. Riagganciandomi al pensiero di Pavin, non importa se sbagli, basta sbagliare sempre nello stesso modo, e allora puoi compensare il tuo errore.
Tornerò a primavera, dopo l’ultimo weekend di marzo, per raccontarvi come è andata e se aveva ragione Socrate, o se invece devo rassegnarmi al pensiero della scuola di Eraclito per cui “Ogni cosa muta in continuazione, tutto scorre”. Anche il mio swing.