2026: l’anno in cui il golf cambia padrone

2026: l’anno in cui il golf cambia padrone.

Il golf moderno ha questa strana abitudine: quando pensi che gli equilibri siano scolpiti nel marmo, arriva una stagione che manda tutto all’aria. Il 2025 ha messo ordine, ha ribadito i ruoli, ha dato conferme quasi matematiche. Ma il 2026, già da come si presenta, ha un’energia completamente diversa. Non è l’anno dei favoriti annunciati né quello dei troni consolidati. È l’anno del movimento, dell’invasione, dei ritorni inattesi e delle nuove facce pronte a saltare la fila. E tutto parte da un fenomeno che ormai non è più sottotraccia: i 10 giocatori che arrivano dal DP World Tour.

La classe DP World Tour più forte di sempre

La storia la scrivono i numeri, ma anche i momenti. E la classe che arriva nel 2026 sul PGA Tour ha entrambe le cose dalla sua. Marco Penge rappresenta il simbolo di questo cambio di paradigma: tre vittorie pesanti nel 2025, un finale di Race to Dubai condotto come farebbe un veterano, un modo di stare in campo che fa capire subito che non è uno che “va per provare”. Penge arriva per giocarsela. E non è da solo. Dietro di lui c’è una lista di giocatori che hanno costruito la loro stagione sul DP World Tour con una costanza mostruosa: Neergaard-Petersen che non manca un taglio per mesi, Jordan Smith che recupera fiducia e qualità nella seconda parte del 2025, Nakajima che accumula piazzamenti e top-5 come se fosse un vizio.

Questo gruppo non è una comparsa. È la prima generazione europea che arriva sul PGA Tour già con una mentalità da PGA Tour. Colpi pieni, velocità di swing, strategia aggressiva. Il salto non è più un salto: è una porta scorrevole. E la mia previsione è che almeno quattro vittorie sul PGA Tour nel 2026 verranno proprio da questo blocco di “nuovi fenomeni”. Non perché sia bello dirlo, ma perché è il trend naturale del golf globale: i talenti europei non devono più imparare il sistema, ci entrano già allineati.

L’anno della rinascita definitiva di Haotong Li

Haotong Li non è una storia: è un romanzo con colpi di scena, pause, cadute, risalite e finali alternativi. Nel 2025 ha giocato come un uomo che aveva una sola missione: dimostrare che il suo talento non era mai sparito. La vittoria in Qatar, l’inizio di stagione solido, ma soprattutto è golf vero: aggressivo, istintivo, creativo, emotivo. Haotong Li è uno dei pochissimi giocatori che, quando si accende, può fare numeri che gli altri non sono in grado nemmeno di immaginare.

Nel 2026 lo vedremo finalmente sul PGA Tour dal primo all’ultimo giorno, e sarà uno dei personaggi più polarizzanti dell’anno. Ci saranno settimane in cui ne tirerà 74-75 e tornerà a casa prima del previsto. Ma ci saranno anche settimane in cui farà -9 in un giro e sembrerà più un artista che un atleta. Il mio pronostico è semplice: Li vince un torneo di peso e arriva fino al Tour Championship. Non perché sia lineare, ma perché è inevitabile.

Una nuova aristocrazia europea sta nascendo sotto i nostri occhi

La narrativa sui big europei è sempre stata dominata dai soliti nomi: Rahm, McIlroy, Hovland, Fleetwood. Ma il 2026 sarà l’anno in cui apparirà ufficialmente una seconda aristocrazia: quella fatta da Penge, Smith, i fratelli Højgaard, Neergaard-Petersen, forse anche Ayora (mio pupillo) se esplode sul DP World Tour. È un gruppo più atletico, più aggressivo e più impermeabile al peso psicologico.

Questi giocatori non si accontenteranno di sopravvivere sul PGA Tour: vogliono imporre uno stile. E per la prima volta dal periodo d’oro García–Stenson–Rose–McDowell, il golf europeo sta costruendo una base ampia, non un vertice stretto. Nel 2027 ci sarà la Ryder Cup in Europa, e molte delle maglie titolari si decideranno proprio nel 2026. Vedo almeno tre nomi “nuovi” diventare automaticamente qualificati per la squadra europea. E uno di loro sarà un protagonista reale, non un tappabuchi.

I major 2026 come evento catalizzatore e non come predizione unica

Dove la prima stesura andava troppo diretta, qui voglio che i major siano quello che devono essere: un acceleratore narrativo, non l’intero articolo. I major del 2026 sono tutti organizzati in modo da favorire il caos: Augusta dopo la chiusura del cerchio di Rory ha bisogno di un nuovo volto; Shinnecock Hills è un labirinto mentale dove un outsider intelligente può resistere più dei fenomeni; il PGA Championship del 2026 ha il profilo perfetto del torneo vinto da un giocatore senza successi precedenti in un campo mai visto prima; e Birkdale è uno di quei campi in cui letteralmente il vento decide chi merita di arrivare alla domenica.

La previsione generale è che almeno uno dei major verrà vinto da un giocatore che oggi non inseriresti nei primi venti favoriti. Non ti sto dicendo “chi”, perché sarebbe un esercizio da bookmaker, non da analista. Dico però che la combinazione di condizioni, contesto e momentum dei nuovi arrivati aprirà una crepa importante nella gerarchia dei major. E non sarebbe sorprendente se un giocatore come Jordan Smith, Henley, Kitayama o lo stesso Penge trovasse il suo momento di gloria proprio in uno di questi teatri.

Il ritorno di Rahm e l’equilibrio tra le generazioni

Dietro questa rivoluzione c’è sempre l’ombra dei big. Rahm nel 2025 è stato più silenzioso del solito, ma i segnali di chi vuole riprendere il centro della scena ci sono tutti. Il 2026 potrebbe tranquillamente essere il suo anno “alla Rahm”: meno parole, più palline piazzate a due metri. E ogni volta che Rahm entra in una stagione con questo mood, un major tende a saltare fuori. È il suo modo di ristabilire l’ordine del mondo.

Nel frattempo Scheffler farà il solito Scheffler, Hovland cercherà di ritrovarsi, Fleetwood proverà ancora a sfiorare la storia, e Rory si godrà il nuovo status dopo la liberazione di Augusta. Ma la differenza è che stavolta non hanno la strada spianata. Hanno dietro un esercito di giocatori che vuole entrare nelle loro stanze a bussare forte.

2026 è l’anno del cambiamento, non del completamento

Questa stagione non promette un nuovo dominatore, ma un nuovo ecosistema. Più globale, più imprevedibile, più contaminato tra DP e PGA, più orientato al talento puro rispetto alle narrative consolidate. E per un appassionato è la cosa più bella che possa succedere: non sapere chi vincerà, ma sapere che succederà qualcosa.

Se il 2025 ha messo ordine, il 2026 si presenta per togliere le etichette e riscrivere le mappe. Ed è esattamente il tipo di stagione che rende questo sport irresistibile.


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