Il gioco si fa lento quando è razionale

A osservare la settimana scorsa il gioco di quei fantastici, giovani campioncini che hanno preso parte alla tredicesima edizione dell’Asia Pacific Amateur Championship in Thailandia e, nel mentre, a studiare con occhio scientifico la loro rapidità decisionale in campo, anche nel corso di teeshot pericolosi e di approcci da brivido, verrebbe facilmente da pensare che la mente possa davvero essere un prodigioso strumento di autoillusione.

A Bangkok, gli amateur in gara estraevano il laser, misuravano le distanze che interessavano loro, riponevano il telemetro in sacca e contemporaneamente estraevano senza dubbio alcuno il ferro prescelto, per poi eseguire immediatamente il colpo immaginato e visualizzato.

Lo giuro: nei miei ultimi anni da guardona delle cose del green, non ho mai assistito un golf più “ready” del loro. Un segnale, questo, della freschezza e della libertà mentale di questi giovani e, allo stesso tempo, di un gioco scevro di “demoni” interiori. In sostanza era il mitico “miro e tiro” il loro mood di gara: semplice. Ma si sa, nulla è più complesso di ciò che appare facile. E dunque, una domanda qui sorge spontanea: perché super golfisti che nascono come giocatori veloci, crescendo e approdando sui vari tour mondiali, diventano in campo più lenti dei box Ferrari? Cosa accade nel tempo al Dna golfistico di questi campioncini?

Certo, con gli anni si matura e il cervello cambia: accumulandosi esperienze e pressioni, cresce la volontà di controllare al massimo il risultato, con atteggiamenti meno razionali e meno spontanei. Il che non fa altro che iniziare a dilatare i tempi i gioco.

E ancora: da un ambiente amatoriale dove tutto è una festa, si passa velocemente a dei circuiti dove gli avversari sono tutti super seri e inquadrati. Influenzati da ciò che li circonda, i ragazzi diventano assai meticolosi nelle loro scelte. E i tempi di gioco si allungano ancora di qualche altro minuto. E poi: i campi. Sono decisamente più complessi a mano, a mano che si sale nei Tour: la strategia e il ragionamento crescono a dismisura. E siamo così già alle cinque ore di gioco. Ma non è ancora tutto: siccome tutti i tuoi avversari sono più lenti e ti costringono ad aspettare sul tee o in mezzo al fairway, ti adegui e ti siedi. Non occorre più che tu corra: ed è così che l’orologio si fissa intorno alle cinque ore e mezza per 18 buche.

Morale: dicono che quello che gli stupidi chiamano perdita di tempo, è per lo più l’investimento migliore. Certamente, a giudicare dagli score (e dai tempi di gioco dilatati), lo è sul Pga Tour.


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