Viva i senior

Anno nuovo, vita nuova, si diceva in giro; anno nuovo, prospettiva nuova, permettetemi di aggiungere. E per prospettiva nuova, intendo quella che ci servirà da quest’anno di Ryder Cup in avanti per guardare le cose relative al nostro golf italico.

Or dunque, partiamo da una considerazione generale: è indiscutibile che nei prossimi decenni, grazie a uno stile di vita migliore, ai progressi della medicina, e alla fatica dei giovani nel mettere su famiglia, gli anziani vedranno aumentare il loro peso nella società. Può essere che diventino addirittura maggioranza, oibò. Il che ci deve necessariamente portare ad alcuni ragionamenti legati al nostro green, dove le legioni di senior e di supersenior già invadono letteralmente i nostri circoli.

Qualche numero per facilitarvi la comprensione: al 31 dicembre 2022, su 93.000 tesserati e spiccioli, il 64,7% era rappresentato dagli over 50. E ancora, più nel dettaglio: 29.000 erano i golfisti senior e addirittura 31.300 erano quelli supersenior.

Il primo teorema che scaturisce dalla previsione di apertura unitamente a queste cifre è che, se è vero come è vero che il golf è sempre stato inquadrato come uno sport per anziani, allora significa che il futuro del nostro sport è roseo, nonostante tutti i campanelli di allarme che sentiamo suonare ogni giorno da ogni parte del mondo golfistico.

E ancora: se il mondo (soprattutto il nostro) invecchia e il golf è la disciplina per eccellenza degli over 50, allora significa che nell’Italia del green dobbiamo tutti cavalcare un cambio di mentalità.

Voglio dire: se fino a oggi abbiamo provato a cercare e a invogliare le fasce più giovani a calpestare i fairways, forse anche nel tentativo di scovare il campione che illuminasse lo Stivale sulla via del green, da stasera è meglio cambiare strategia. Da stasera è d’uopo, forse, puntare sui senior. Invogliare loro, trovare loro, convincere loro, abbracciare loro. Loro che, a differenza dei più giovani, hanno tempo e soldi a disposizione.

Il golf restituito agli anziani dovrà avere la sua caratteristica principale nella decelerazione: “vieni a giocare 18 buche e fallo con tutta la calma che vuoi”, potrebbe essere il motto di questa inversione di rotta. E ancora: il giovedì, giornata generalmente di magra nei club, immagino pallinate da 12 buche dai tee consoni per i senior, e dai tee più avanzati e -attenzione-  con hcp pieno per i supersenior. In questo senso, mi piace immaginare un golf totalmente ludico, tranquillo, lontano dalle ansie da prestazione che circondano persino le nostre  microscopiche garette di circolo. Ora, per carità, ho scritto solo un paio di idee buttate lì in velocità, per carità, ma è pur vero che molto si può e si deve fare in questa direzione: golfisticamente parlando, bisogna in definitiva andare incontro i gusti e le necessità di questa fascia di popolazione che negli anni a venire diventerà sempre più importante.

La morale dunque è che non dobbiamo andare contro al vecchio, piuttosto dobbiamo abbracciarlo. Perché, sapete che c’è? C’è che in generale una società (e un golf) decelerata può diventare un valore anche per chi voleva dominare la velocità.

 


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