Avete presente quello che è successo negli ultimi anni nel mondo del tennis, con il triumvirato Federer, Nadal, Djokovic a comandare il globo? Ecco: ho la netta sensazione che siamo di fronte allo stesso fenomeno all’interno del mondo del golf, con Scheffler, Rahm e McIlroy che si stagliano un gradino (forse anche due) nettamente sopra gli altri.
Senza nulla togliere a fenomeni come Thomas o Spieth o Hovland, per carità, ma, numeri alla mano, non c’è dubbio che i tre di cui sopra, gli stessi che si alternano ogni settimana al vertice del World Ranking, negli ultimi mesi abbiano dominato in lungo e in largo in ogni torneo a cui hanno preso parte.
Qualche statistica? Eccovela, iniziando da ciò che i tre hanno in comune: nessuno di loro esce mai dai top 10 degli Strokes Gained.
L’unica eccezione è Rory, il cui rendimento sul putt è crollato nelle ultime settimane, temo a causa dello sfinimento mentale conseguente alla lotta contro il LIV in cui è stato in primo piano.
Ma andiamo con ordine e partiamo dai numeri di Scottie: in meno di 400 giorni ha collezionato 6 vittorie (e che vittorie!) su 27 tornei giocati sul Pga Tour (il 22% di chance di successo ogni volta che mette la palla sul tee… Roba da far tremare i polsi!). Ora: se non lo sapete, sono percentuali che solo Tiger e Duval hanno saputo mettere insieme nella storia del circuito americano.
E ancora: la media score del texano è di 68,14 colpi a giro. Mostruosa, se si pensa che soprattutto nelle ultime settimane il Pga Tour ha fatto sosta in alcuni dei percorsi più tecnici del mondo (vd. Bay Hill o Sawgrass, solo per citarne un paio).
Qualche numero su Rahm: ha collezionato tre successi dall’inizio del 2023 (Sentry Toc, American Express e Genesis), oltre a 6 top 10 su 8 tornei disputati.
Grazie allo swing più ripetibile del Pga Tour e a un putter che dall’inzio del 2022 è migliorato sensibilmente, Rahm non esce MAI dai primi 10 di ogni statistica possibile e immaginabile, tanto è vero che la sua media score fa impallidire persino quella di Scheffler: 68.03 colpi a giro.
Lo spagnolo ha rifiatato giusto all’Arnold Palmer, dove è sparito dai radar dopo il primo giro, ed è stato purtroppo fermato da un’infezione intestinale al TPC, dove comunque aveva segnato un ottimo primo round.
Veniamo a Rory: ha una vittoria sul Pga Tour su 5 tornei giocati (CJ Cup), oltre al successo registrato a Dubai sul DP World Tour. Dei tre è quello che oggi pare più stanco mentalmente, dopo un finale di stagione 2021/22 straordinario e dopo un anno di prima fila nella guerra al LIV.
Cos’hanno in comune questi tre campioni, oltre a un’attitudine strepitosa? Percentuali da brividi da tee a green e una gigantesca variabilità nei colpi dalle 100 yard in giù, dove persino Rory, che nel terzetto era il più debole nel controllo della distanza, ha fatto finalmente dei passi da gigante.
In più, tutti e tre vantano il finesse game, quello dalle 30 yard in giù, più ricco al mondo, paragonabile a quello di Tiger e Mickelson, giusto per citare i due mostri sacri del settore.
Arduo immaginare chi sia il più forte tra loro: le differenze sono minime e risiedono soprattutto nella lucidità mentale che riescono a esprimere giorno dopo giorno in campo.
Lo scontro più duro lo vedremo tra qualche settimana ad Augusta, per il Masters, il torneo per il quale i tre si stanno preparando da mesi: mai come quest’anno la Georgia sarà teatro di una battaglia epocale tutta da godere, ovviamente se Spieth, Thomas & Co lo permetteranno.