Non so voi, ma io, a pochissimi giorni dal 31 dicembre, data per la firma storica che dovrebbe siglare l’accordo tra sauditi e Tour americano, inizio sinceramente a pensare che il Pif, il fondo miliardario dell’Arabia, sia per il Pga Tour come un’amante infedele: la sua è una ricetta di up and down dosati con sapiente alternanza.
Ora, però, prima di andare avanti, ricapitoliamo il love affaire golfistico: prima di giugno 2023, tra i due pseudo fidanzati è stata guerra aperta; poi c’è stato il comunicato improvviso di Jay Monahan, CEO del circuito americano, che annunciava un accordo di massima con i sauditi e quindi l’inizio di un ipotetico idillio, che però ha immediatamente scatenato l’ira e la ribellione dei giocatori tenuti all’oscuro di tutto; quindi, pochi giorni fa, è arrivata la notizia bomba di un Jon Rahm che per 600 milioncini di dollari, abbandonava il Pga Tour per il LIV, il tour arabo.
Ma come, mi sono chiesta, visto che siamo all’alba di un accordo che rivoluzionerà il volto del golf mondiale, non avrebbe dovuto esserci una pace, o almeno una tregua di massima tra i due contendenti? E ancora: perché il LIV, che dal Pif è alimentato, dichiara guerra così spudoratamente al Pga Tour andandosi a prendere il numero 2 del mondo? Perché ora? Ora che, tra l’altro, tra i giocatori del Tour statunitense, sta crescendo sempre più la sfiducia verso il proprio CEO e l’insoddisfazione per la schedule 2024 da lui stilata?
Ecco, non so voi, ma a me tutto lascia pensare che i sauditi stiano lentamente ma inesorabilmente sgretolando i legami che hanno sempre tenuto in piedi il Pga Tour, legami che affondano le proprie radici nel senso di appartenenza, di eredità, di tradizione, di storia, di lealtà e di sportività. Mi pare anche che, a furia di milioni elargiti di qua e di là e di proclami circa accordi inattesi, siano riusciti a minare la fiducia dei giocatori verso il proprio circuito, fiducia che è stata la base sulla quale il Pga Tour è riuscito finora a tenere botta agli assalti dei sauditi.
Nel mentre, in uno scenario così inviperito, alcuni sponsor storici come Honda e Wells Fargo hanno fatto ciaone a Monahan, evidenziando così una frattura creatasi non solo coi giocatori, ma anche con alcuni degli investitori più importanti.
Ecco, non so voi, ma in un panorama del genere, a me pare che, se mai il 31 dicembre si arriverà a una firma tra Pif e Pga Tour, vi si arriverà con un circuito americano indebolito e sfiancato da una lunga lotta per vincere la quale forse non aveva mezzi (inteso come miliardi di dollari) sufficienti.