Che Masters ci aspetta?

Se vi state pregustando un 85° Masters “morbido e accogliente” come quello dello scorso novembre preso letteralmente a bastonate da Dustin Johnson, beh, potete scordarvelo: questo ci racconta Bryson DeChambeau, lo scienziato che tutte le variabili sa misurare, e questo ci anticipano le previsioni meteo.

“Sarà un Augusta duro e veloce, un test completamente differente rispetto all’ultima edizione del torneo” dixit BdC.

“Il vento, specialmente nel weekend, soffierà oltre i 20 km/h, prevalentemente da nord est, creando disagi soprattutto ai par 5 (tranne alla 2) dove renderà la vita difficile ai giocatori: tradotto, potrebbe essere complicato raggiungere i green in due colpi”, dicono i meteorologi.

Se così fosse, gli score non dovrebbero neppure sfiorare i numeri dell’edizione 2020, quando il punteggio medio si assestò sul 71.752 e quello vincente sul meno 20, entrambi un record per Augusta.

In un tracciato dove è fondamentale saper sbagliare solo ed esclusivamente in determinati posti, dove è necessario saper lavorare la palla con entrambe le traiettorie e dove il controllo della distanza è salvifico, è il gioco da tee a green generalmente a rappresentare la più importante ancora di salvezza per i giocatori.

In questo senso, potrebbe essere interessante gettare un occhio alle statistiche degli SG tee to green dal 2015, che ci dicono che i migliori in questo campo sono stati i soliti noti: Koepka, DJ, McIlroy, Thomas, Rahm e Rose.

E però…. E però Koepka si presenta all’appuntamento con la giacca verde praticamente senza una gamba (quella operata), Rory appare sfocato come non mai, Rahm potrebbe essere distratto dalla recentissima paternità e Rose, con due soli tornei all’attivo nel 2021, non ha davvero marcato un buon inizio di stagione.

Restano sulla bilancia Dustin Johnson e Justin Thomas: se il primo arriva da tre settimane incolori, dove il miglior piazzamento è stato il 48° posto al TPC, è anche vero che è capacissimo di rimettere le cose a posto assai velocemente (sempre che non cada dalle scale…); il secondo invece sbarca in Georgia con in tasca il titolo del TPC, ottenuto su un campo che ha delle caratteristiche simili a quelle di Augusta (avete presente i green con le zone d atterraggio piccole e dure e piene di pendenze? Ecco).

E poi c’è Jordan Spieth, che è tornato lo Spiethato che tutti conoscevamo, e che atterra ad Augusta forte della sua statistica monstre di +12.89 negli SG tee to green ottenuta al Valero Texas Open appena conquistato: ebbene sì, c’è anche lui in lizza, lui che, a parte nelle ultime due edizioni da dimenticare, non è mai uscito dai top 11 del torneo georgiano.

E DeChambeau? C’è una vecchia teoria che racconta che sia l’Augusta National a scegliere il suo vincitore.

Ovviamente i giocatori non ci credono, ma se così fosse, al tempio georgiano il nuovo golf muscolare di Bryson (che è primo praticamente in ogni statistica del Pga Tour) non deve piacere per nulla, visti i risultati scarni ottenuti qui nel 2020. Però è anche vero che lo scienziato impara presto e che è planato sul percorso già da domenica a raccogliere dati su dati: sarà assai interessante notare se il californiano confermerà la strategia d’attacco a tre punte mostrata a novembre o se, col tracciato in condizioni diverse, attuerà una melina più consistente.

E poi, ovviamente, c’è Francesco Molinari, reduce da tre settimane di riposo e di rifinitura a casa: l’incrementata velocità della pallina in uscita dalla testa del driver potrebbe fornirgli un buon vantaggio su un percorso divenuto più lungo nel corso degli anni.

Ora: fin qui la matematica, con le cifre relative alle statistiche e ai risultati passati, ma se c’è un numero che ad Augusta conta come non mai sono i battiti cardiaci dei giocatori in campo: alla fine, tra loro chi saprà tenere lento il cuore e veloce lo swing sarà colui il quale domenica sera indosserà la tanto agognata giacca verde.


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