Se il Masters ce lo aveva fatto intuire, il Pga Championship ce lo ha confermato: quando i migliori golfisti del mondo -che siano del Pga Tour, del Dp World o del LIV poco importa- si sfidano sullo stesso campo, nel medesimo torneo, lo spettacolo è assolutamente irrinunciabile per qualsiasi guardone delle cose del green.
E dunque bene, anzi benissimo, hanno fatto gli organizzatori dei quattro Major (Pga of America, USGA, Augusta National e R&A), a permettere ai campioni del circuito saudita di prendere parte ai tornei del Grande Slam, laddove World Ranking o altre esenzioni consentissero loro di mettere la palla sul tee della prima buca.
Il prossimo appuntamento di questo tipo e di questa portata sarà lo U.S. Open del 15 giugno, quando ritroveremo certamente i vari Brooks Koepka, Bryson DeChambeau e Dustin Johnson a dar battaglia sui green di Los Angeles.
Nel mentre, il Pga Tour ci ha abituato oltre modo bene, grazie ai Designated Events da 20 milioni di dollari di montepremi che di fatto obbligano tutti i migliori a prendere parte alla manifestazione: la prossima di queste tappe sarà a breve, tra solo una settimana, al Memorial, in Ohio, a casa niente popò di meno che di Jack Nicklaus.
A oggi il torneo dell’Orso d’Oro ha le porte serrate per i campioni del LIV, i quali chissà se si sarebbero mossi dal Pga Tour se avessero saputo del rinnovamento che il circuito americano ha posto in essere da un annetto a questa parte: probabilmente, no.
Nel frattempo il circuito saudita fa fatica a emergere e a farsi conoscere e apprezzare dal grande pubblico: i ratings televisivi americani dei tornei del LIV hanno cifre ridicole e dimostrano ampiamente la mancanza di interesse da parte dello spettatore casalingo.
Al di là dei numeri della Tv, resta il fatto che a oggi i campioni del circuito saudita, se da una parte sono “imprigionati” sul LIV da contratti senza possibilità di uscita , dall’altra hanno pochissime chance di disputare qualche torneo del calendario del Pga Tour e/o del DP World Tour. In soldoni, nei prossimi mesi questi campioni li vedremo solo ai Major. E, se devo dirla tutta, è un vero peccato. Per noi, soprattutto, ovvero per noi guardoni delle cose del green, e per lo spettacolo sportivo in generale.
È però anche vero che l’unica certezza che abbiamo circa la realtà in cui siamo immersi è che è figlia di un costante cambiamento: “panta rei”, tutto scorre, dicevano gli antichi greci, e chissà se sotto, sotto, in nome dello spettacolo, non scorra anche qualche iniziale tentativo di minuscolo accordo tra tutti questi circuiti rivali.
Vedremo.