E tu che handicap giochi?

La domanda è lecita. È lecita soprattutto dopo che la USGA (per intenderci quella che di fatto è la Federazione golf statunitense), ha pubblicato i dati relativi alla media degli handicap dei golfisti americani.

Dunque: gli swingatori maschi a stelle e strisce vantano un handicap medio di 14 colpi, mentre le signore si attestano su un più modesto 27,7.

A questo punto non vi sovviene immediato il desiderio di conoscere l’handicap medio dei cosiddetti “carrellanti” italiani? Certo che sì. E dunque, signori e signore, eccovi accontentati:

Tra i 61.223 tesserati maschi con handicap, il vantaggio medio di gioco è di 26,34; tra le 19.401 donne con handicap, invece, i dati ci dicono che il numero medio in questione si attesta su un ben più alto 33,67.

Tabella handicap italiani

E ancora, più nel dettaglio: in Italia, tra gli uomini, la fascia di handicap più vasta è quella che va da 10,1 a 20, con poco meno del 29% dei golfisti a rappresentarla; tra le donne il primato se lo dividono ex aequo la fascia tra il 20,1 e il 30 e quella tra il 30,1 e il 40, con il 26% dei casi in entrambe le tipologie di giocatrici (anche se c’è un minuscolo margine di vantaggio a favore di quella con l’handicap fino a 40 NdR).

Per caso poi desiderate sapere chi siede sull’Olimpo golfistico italiano, chi sono cioè quelli che si godono l’handicap al di sotto dello zero? Voilà: in Italia, su un totale di 80.624 giocatori con il vantaggio di gioco assegnato, ci sono, rari come gli esemplari di gibboni di Hainan, solo 293 maschi e 104 signore oltre la barriera dello scratch.

Ora, la domanda a seguire sarebbe questa: come mai esiste un divario così netto tra il mondo degli handicap statunitensi e quelli azzurri?

Al netto dell’enorme gap esistente tra il numero di praticanti totali, sono molteplici le risposte ma, per farla breve, direi di utilizzare il cosiddetto “Rasoio di Occam”: la spiegazione più probabile è la più semplice.

Dunque, la prima risposta a venire in mente è la differenza di età media esistente tra i golfisti americani e quelli italiani: negli States, rispetto che nello Stivale, sono molto più numerosi i giovani golfisti e si sa, anche se è duro ammetterlo, che l’anagrafe conta nello sport e che i più “freschi” in media giocano meglio.

E ancora: negli Stati Uniti se si consegna uno score segnato e firmato in partita con gli amici, quello score risulta valido per l’assegnazione dell’handicap. Ed è inutile ammetterlo, ma la maggioranza delle carte consegnate alle segreterie dei club parlano di punteggi sotto al par, altrimenti, quando così non è, gli score si stracciano e ce ne si dimentica al bar dopo a un’ottima birretta.

In Italia, lo score vale solo se ottenuto in gara e lo sappiamo: può andare bene (raramente), ma può andare anche male, con la salita dell’handicap sempre in agguato. Certo, esistono gli Extra Day Score, ma sono casi abbastanza rari e soprattutto giustamente riservati alla categoria 6 dell’EGA (handicap da 37 a 54) che difficilmente trova posto nelle competizioni del weekend.

Che resta da dire? Mah… Sicuramente che sarebbe fantastico avere nello Stivale molti più swingatori giovani a giocare sui nostri splendidi percorsi, ma che nel frattempo potrebbe non essere una cattiva idea praticare tutti un pizzico in più per provare finalmente ad abbassare questo maledetto handicap di gioco. E l’anno prossimo avere una media nazionale intorno al 25 per gli uomini e 30 per le donne. Che ve ne pare come proposito per il 2022?


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