Per quasi vent’anni, dal suo ufficio della segreteria di torneo dello European Tour, Gaia Zonchello, come una novella Virginia Woolf al pub, ha tenuto gli occhi aperti sulla gestione del circuito, ha rubato dalla serra delle sensazioni dei suoi colleghi più anziani e ha sbirciato tra le reazioni dei giocatori.
In buona sostanza, studiando parecchio, ha imparato il mestiere; alla fine, non solo due anni fa è diventata il primo arbitro in gonnella di un circuito maggiore (l’European Tour), ma da una settimana è anche la prima italiana chiamata a settare i campi dei tornei del circuito del Vecchio Continente.
“Significa –spiega Gaia da Tenerife, dove si sta per giocare l’ultimo appuntamento del Canarie Swing- che oltre a essere uno dei referee, sono anche responsabile del campo. Tradotto: decido dove piazzare i tee e le aste nei giorni di gara”.
Cosa significa essere una donna in un mondo di uomini? “Significa che per loro non sono una donna, sono semplicemente Gaia. E a me ovviamente va benissimo così. Il fatto di essere una donna sull’European Tour non mi ha mai penalizzato, anzi. Mi sono accorta che i giocatori e i colleghi mi rispettano molto, anche perché mi conoscono da vent’anni e sanno che non sono lì a pettinare le bambole”.
Lavoro, studio, apprendimento, miglioramento: Gaia Zonchello dice di sé di essere una che “ama fare”, una che, professionalmente parlando, è estremamente umile.
“Sono convinta che se ti dai da fare, alla lunga i frutti li raccogli. Ma devi sgobbare: non ci sono scorciatoie. In più i ragazzi di oggi, se ne hanno voglia, hanno molte più possibilità di imparare rispetto a quelli della mia generazione: ai miei tempi, s’imparava sul campo. Ed è proprio quello che ho fatto io: mi sono messa in gioco, anche perché credo che se non ti butti nelle cose, quelle stesse cose non accadono”.
Come ha imparato questo mestiere? “Per quanto riguarda la parte relativa all’arbitraggio, ho studiato e ho sostenuto gli esami necessari; per il resto, ho imparato osservando da vicino i miei colleghi più bravi, come per esempio Mats Lanner. A differenza mia, loro sono tutti ex giocatori di Tour o amateur molto forti: hanno un approccio con la preparazione del campo molto diversa da quella che possiedo io. Voglio dire: loro sono letteralmente in grado di leggere il percorso. Quindi ho dovuto imparare da zero, ho chiesto consigli, ho tenuto gli occhi aperti, se ho avuto dubbi ho domandato, e finalmente ho fatto il mio esordio la scorsa settimana. Sulle prime 9 buche, ho sistemato i tee e le aste dei quattro giorni di gara del Tenerife Open: è andata bene ed è stata un’altra esperienza in cui ho imparato tantissimo”.
Che cosa, per esempio? “Beh, che quando piazzi le aste, devi chiederti: dove sbaglierà il giocatore? E da quel punto, che tipo di colpo avrebbe? In base a questi due quesiti, scegli dove mettere le bandiere: il concetto è che se il giocatore manca il green, ma di poco e comunque dalla parte giusta, è corretto concedergli un approccio che sia giocabile e non impossibile”.
Altri trucchetti imparati? “Se vedo una posizione di asta che mi piace, ma che magari diventa troppo tosta perché il green è duro, in discesa e col vento a favore, beh, io la bandiera la metto lo stesso in quel punto, ma porto avanti il tee”.
A giugno Gaia Zonchello diventerà anche Direttore di Torneo sul Challenge Tour, una posizione di ulteriore maggior responsabilità: “Significa che mi toccherà decidere quasi tutto, perché sul Challenge non esiste la figura del chief referee”.
Nel frattempo, anche dall’altra parte dell’Oceano, le cose si muovono: con due anni di ritardo sul circuito europeo, anche sul Pga Tour hanno scelto da poco una donna referee: si tratta di Daniela Lendl, la figlia dell’ex numero 1 del mondo del tennis Ivan Lendl. Contemporaneamente il club più esclusivo del golf statunitense, Pine Valley, dopo 108 anni di storia, ha finalmente aperto le sue porte anche alle signore.
“Tutto perfetto –chiosa Gaia- ma io non voglio essere trattata in modo diverso perché sono una donna: voglio essere trattata in modo uguale, non diverso”.
Ah, la praticità delle italiane…