Il green in regulation, questo sconosciuto

Il green in regulation, questo sconosciuto.

Nel gioco degli amateurs, in particolare quelli medi e alti di handicap, il numero dei greens presi in regulation influisce pesantemente sul risultato finale del giro.

Mancare il green vuol dire accumulare una serie di potenziali problemi di vario genere.

Bunkers e relativi problemi.

Approcci corti.

Approcci toppati.

Approcci flappati.

Ma quale é la formula magica?

Abbiamo i pareri di due professioniste.

Tina Tombs, canadese, ex-proette sull’LPGA Tour (1 vittoria nel 1990), sostiene che un giocatore alto di handicap dovrebbe fissarsi l’obiettivo di sette greens in regulation, mentre quello basso di handicap dovrebbe puntare a dieci.

Carol Preisinger, teaching pro al Kiawah Island Club, punta leggeremente più in alto.

Secondo quest’ultima, un giocatore single digit dovrebbe puntare a prendere almeno tredici greens in regulation, mentre i giocatori con handicaps alti a dieci.

Entrambe concordano sul fatto che il modo migliore che hanno gli amateurs per perseguire questi obiettivi sia quello di giocare dai tees adeguati al proprio livello di gioco.

Negli Stati Uniti la scelta dei tees da cui giocare non é strettamente legata al genere.

Nei campi con più battitori le segreterie incoraggiano l’opzione basata sulle caratteristiche del proprio gioco.

Un dato interessante emerge da un rapporto pubblicato su GOLF Magazine.

Sono stati riportate le statistiche rese disponibili da ARCCOS, produttore di apparati di misurazione on course.

Ebbene, i numeri trasmessi dai giocatori amateurs utenti dei vari dispositivi sono chiari.

I giocatori con hcp 5 prendono, in media, otto greens in regulation a giro, quelli con hcp 10 sei greens e quelli con hcp 15 tra quattro e cinque.

Numeri lontani da quelli indicati come target.

Dopotutto, ci siamo scelti uno sport maledettamente difficile.


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