Io amo il golf
Avrei potuto parlarvi di uno strepitoso Cameron Smith, cha ha giocato le ultime nove buche delle 72 dell’Open Championship a St.Andrews con la stessa leggerezza con cui noi giochiamo la pallinata pomeridiana con gli amici con la birra in palio.
Con la sostanziale differenza che lui ha segnato sei birdies e tre par sulle buche di ritorno del percorso più iconico del mondo.
Avrei potuto parlarvi di Rory McIlroy, che ancora una volta ha sfiorato la sua seconda Claret Jug, dopo quella del 2014 al Royal Liverpool.
McIlroy sarebbe stato il vincitore “perfetto” per media, tifosi e per gli organi di governo dei Tours professionistici mondiali.
Ma Cameron from down under ci ha messo lo zampino (o, meglio, il putter).
Avrei potuto parlarvi di un grandissimo Filippo Celli, giovane speranza del nostro golf, che si é aggiudicato la Silver Medal, destinata al miglior amateur dell’Open Championship, secondo italiano a vincerla, dopo Matteo Manassero che se la mise al collo a Turnberry (che campo! NDR) nel 2009.
Avrei potuto parlarvi di Francesco Molinari, che con gli ultimi due giri in 66 e 68 colpi, giocati da par suo, si é guadagnato un posto nella top 20.
E invece no.
Mi tocca leggere notizie come:
“Perchè abbiamo visto così poco dei giocatori LIV al 150mo Open?”
Quanti colpi avete visto di Dustin Johnson (-13, T6). Bryson DeChambeau (-12, T8) 0 Abraham Ancer (-11, T11)?
L’Open Championship, Major di tutti i Majors, era la sede perfetta per sedersi al tavolo e trovare una soluzione condivisa per il bene del golf, professionistico e non solo.
E invece no.
E’ stato un susseguirsi di proclami e comunicati, uno più maldestro dell’altro.
Usciamo da un grandissimo Open Championship, che i giocatori hanno onorato con prestazioni stellari, con più dubbi di prima su dove il golf professionistico sta andando a finire.
Io amo il golf, come voi, e desidero tornare a parlare solo di quello.
E qui si ferma il mio dire.
E’ stato un grandissimo Open Championship.
Ci vediamo al Royal Liverpool.
