La Ryder Cup questo aveva di magnifico e di irripetibile: per una settimana all’anno, ci permetteva di vivere dentro un miraggio, all’interno di una realtà fiabesca costruita a uso e consumo di noi romanticoni dello sport.
Voglio dire: spiegatemi voi dove trovare oggigiorno ventiquattro super campioni disposti a difendere sul campo l’onore del proprio Paese a titolo gratuito, se non proprio durante quella settimana di super golf.
Non è favoloso? Non vi sembra di ritornare ai tempi eroici dei tornei di spada di Artù e Lancillotto?
Peccato però che anche questa favola -come tante altre- ci sia stata rubata dalla Pga of America, che pochi giorni fa, su pressione dei suoi giocatori, ha deciso di stipendiare con 500mila dollari i campioni che a partire dal 2025 prenderanno parte al Team a stelle e strisce.
Morale: negli Stati Uniti la Ryder non la si giocherà più per l’onore e per la Patria; la si giocherà per soldi. Come qualsiasi altro torneo pro. E, perdonatemi, ma con l’ingresso sul palcoscenico dei dollari, cala definitivamente il sipario sulla leggenda etica e morale incarnata da questa manifestazione.
Ora: delusa dal panorama golfistico mondiale, mi sono spinta dunque a chiedermi da dove sgorghi questo fiume impetuoso di avidità che negli ultimi anni abbiamo visto scorrere senza argini sui green del Pga Tour. La risposta che mi sono data è semplice: la deriva del mercato arriva dallo stravolgimento che i petroldollari del PIF e del suo LIV hanno imposto al circuito americano.
Il ricatto economico dei sauditi al Pga Tour non ha fatto altro che materializzare nelle mani dei campioni quella “leva finanziaria” di cui non a caso parlava qualche anno fa un Phil Mickelson perfettamente calato nei panni di un Gordon Gekko qualsiasi.
E a proposito di Gekko: in quella maestosa interpretazione cinematografica, Michael Douglas sosteneva che “l’avidità ha impostato lo slancio in avanti di tutta l’umanità e salverà quella disfunzionante società che ha nome America”; oibò in tutta onestà, forse l’avidità salverà gli USA (anche se lo dubito a discapito dell’esperienza finanziaria di Gekko), ma non credo proprio che sarà capace di salvare la magia ormai sbiadita della Ryder Cup.
Se infatti lo scisma recente tra LIV e Pga Tour ha privato il pubblico di alcuni dei migliori campioni, a cascata ha di fatto impolverato la patina dorata che proteggeva l’immagine della Ryder Cup e dei suoi protagonisti.
In questo frangente, nuovamente non si è fatto altro che il gioco dei sauditi, che proprio a questo miravano: lentamente, a far emergere il vero volto di questo sport, fatto non più da quei “bravi ragazzi” che il Pga Tour ha magnificato da sempre, ma da tanti piccoli atomi gretti di egosimo e avidità. Gli stessi che avevamo denunciato nei giocatori che all’inizio dei tempi golfistici moderni avevano scelto i petroldollari di Bin Salman.
Bene… Ora che abbiamo visto che non ci sono più molti eroi in giro, non ci resta che gridare più forte che mai: forza Team Europe!