It’s The Open week e sui fairway ondulati ma non ondulatissimi del Royal Portrush, lungo la Antrim Coast, sono attesi oltre 300 mila tifosi in arrivo da ogni parte del mondo.
La 153sima edizione dell’Open Championship, o, per dirla all’americana, del British Open (orrore…NdR), dunque è alle porte, forte della presenza degli idoli di casa, a partire da Rory McIlroy, fresco winner del Grande Slam della carriera e reduce da due freschissime top 10, e da Shane Lowry, l’irlandese di casa che proprio qui, nel 2019, trionfò in una delle edizioni più memorabili della storia del torneo.
Ora: chi se non loro due, oltre al solito Scottie Scheffler, può dirsi uno dei favoriti? Sarebbe certamente davvero troppo facile puntare qualche sterlina su questa terna di nomi, ma se invece volessimo provare a ragionare sui numeri e sulle caratteristiche del percorso, chi potrebbe godere dei nostri pronostici?
Ordunque, personalmente qualche eurino su Tommy Fleetwood lo piazzerei, se non altro perché nel 2019, sei anni fa, proprio su questo tracciato l’inglese, attuale numero 13 del mondo, si piazzò in seconda posizione, dietro a un Lowry imprendibile per chiunque.
Oggi Tommy torna al Royal Portrush, con un pedigree di tutto rispetto guadagnatosi sui links della rota del The Open, ma soprattutto con alcune caratteristiche del campo che potrebbero andargli a genio. Innanzi tutto, il Royal Portrush, capolavoro della natura, non è un campo per picchiatori dal tee e d’altronde nemmeno Fleetwood lo è, ma l’inglesino ha dalla sua una dote particolare: è preciso con i ferri alle bandiere (è 9° negli Strokes Gained Approach negli States). E sui green ondulati e super mossi di questo links, con i run off accentuati come non mai, essere un cecchino con i colpi alle aste è un atout non da poco.
E ancora: grazie alla collaborazione con Phil Kenyon, quest’anno Tommy è migliorato parecchio intorno alla buca, salendo dalla 92° alla 56° posizione nella classifica dei migliori puttatori del Pga Tour.
E ancora: è vero, non ha mai vinto un titolo sul Pga Tour, ma da poco ci è andato nuovamente vicinissimo al torneo del Travelers, dove solo uno scatenato Keegan Bradley lo ha bruciato proprio sull’ultimo green.
Certo, alcuni detrattori sostengono che il 34enne inglese non abbia nell’animo sufficiente killer istinct; altri, come Sir Nick Faldo, ripetono che abbia in difetto il fade che invece sarebbe dote imprescindibile per chi volesse vincere un titolo dello Slam; altri ancora ricordano che nei momenti chiave Tommy mancherebbe di cuore sul putt.
Tutto può essere. Soprattutto quando si discute di quei momenti infinitesimali in cui sulle mani dei campioni pare calare una polverina dorata direttamente dalle stelle, per quanto paiono destinati a vincere qualcosa di grande.
Però, circa Tommy non si può negare un fatto: che se è vero come è vero che è nelle sconfitte che scopriamo la nostra forza, i nostri limiti, ma anche e soprattutto le vere occasioni per crescere, allora questo Open potrebbe davvero essere il momento per Fleetwood per cominciare a splendere di una luce da grande campione.