Ci si chiede in giro tra i guardoni delle cose del green perché Scottie Scheffler, recentissimo dominatore del The Open al Royal Portrush, sia così indubbiamente superiore a tutti gli altri campionissimi.
In sostanza, ci si domanda come sia possibile che un ragazzo all’apparenza così “normale” sia divenuto in breve tempo la versione meno carismatica ma altrettanto efficiente di un Tiger Woods 3.0.
I numeri di Scheffler parlano chiaro: è primo negli SG Total, negli SG Off The Tee, negli SG Approach e nella media score (68,34 colpi) e infine è “solamente” (ma si fa per ridere!) secondo per quello che riguarda la proximity e lo scrambling.
Benissimo. Ma dal mio punto di vista, per spiegare un dominio totale come quello del texano, bisogna trascendere i numeri, perché le statistiche funzionano perfettamente per fornirci un quadro generale, ma poi c’è il lato umano che va considerato e che è ancora più importante. E quel lato umano altro non è che un ragazzo che scende in campo e che, nella sua semplicità apparente, in verità (per quanto mi riguarda) possiede un dono straordinario.
Qual è questo dono? Facile: Scottie Scheffler vede la “strada” meglio di tutti gli altri.
Mi spiego. Il grande golfista altro non è che colui che è capace di affrontare il campo come il miglior pilota su strada. Come lui, il miglior golfista ha occhi puntati solo sulla strada, non su ciò che sta al perimetro del percorso.
Per dirla in breve, quando è in campo, Scottie non ha una visione periferica, ha piuttosto una visione laser puntata esclusivamente sul centro del fairway e sul green: i suoi occhi inquadrano la cosiddetta “strada” e basta. E non farsi condizionare da ciò che ti circonda in campo è la prima grandissima qualità che un campione deve possedere.
Gli occhi di Scheffler funzionano come quelli di un pilota di Formula 1 lanciato sulla sua monoposto a 300 chilometri orari: mettono a fuoco solo la pista che sta davanti, non i muretti che la circondano. Quelli in definitiva non esistono, perché se esistessero, porterebbero il pilota ad andare a sbattere e chissà cos’altro.
Così è Scottie: un Max Verstappen in formato golfistico.
Chiudo rifacendomi a una citazione meravigliosa di un indimenticato del mondo della Formula 1 che mi pare calzi a pennello: diceva Michael Schumacher che “ci sono momenti nella pioggia in cui la visibilità è zero. È allora che devi guardare meglio la pista e accelerare, perché il tuo avversario non lo farà”. E non lo fa neppure Scottie Scheffler.