Distratti dai record che macina settimana dopo settimana e forse anche troppo concentrati sulla sua inusuale tecnica di swing, noi guardoni delle cose del green stiamo forse perdendo di vista il vero asso nella manica del gioco di Scottie Scheffler, ovvero la sua straordinaria forza mentale.
Eppure più e più volte il texano ci ha raccontato qualcosa del suo modus ragionandi in campo e fuori dal campo.
Sappiamo innanzi tutto che il golf per lui non rappresenta un “tutto”:
“Il golf non è la mia vita”
ha infatti spesso ripetuto Scottie, indicando così l’importanza di quel giusto bilanciamento che gli permette di mantenere sempre la corretta prospettiva sulle cose che gli accadono e che soprattutto fa sì che i risultati sul campo e la qualità dei suoi colpi non mettano mai in ombra ciò che di buono la vita extra golf gli riserva.
E veniamo poi allo status mentale che Scheffler tiene lungo il percorso:
“Non penso mai alla meccanica dello swing. Penso solo al bersaglio e resto focalizzato sul processo che so che mi consente di performare bene, piuttosto che sul risultato immediato”.
Cosa significa in soldoni? Che nel momento in cui scende in gara, Scottie vuole restare agganciato al massimo alla sua routine di gioco con un focus importante sulle sue abitudini prestabilite. Tradotto: si concentra solo su ciò che può controllare e non sullo swing, né tantomeno sul risultato dei suoi colpi.
“So che non posso essere perfetto quando gioco – ripete spesso il numero 1 del mondo – e dunque prendo ogni colpo come viene e lo accetto”.
Anche da queste parole arriva dunque qualche pillola di saggezza ed è questa: che sapere accettare il fallimento è essenziale e che imparare qualcosa dagli errori non solo ti permette di migliorare, ma anche di mettere la vita e il golf nella giusta prospettiva.
A questo punto, dato per scontato il talento innegabile di Scheffler, resta da vedere se almeno l’arrivo del primogenito saprà scardinare la compattezza tecnica e mentale di questo campione così straordinario pur nella sua semplicità.