Fenomenologia sentimentale di Rory

In quest’era di pauperizzazione psicologica e sentimentale, a noi ex guardone di Sex and The City fa quasi tenerezza il Rory McIlroy che sbuca in questi giorni dalle pagine dei tabloid: un Rory così innamorato pazzo di una non meglio specificata giornalista, da lasciare in quattro e quattr’otto moglie e figlioletta adorata alla mercé di avidi avvocati divorzisti.

Nel mentre, tra un torneo e l’altro, assente da casa e dal telefono casalingo da oltre un mese, il nostro campione sfarfalleggia sui green di mezzo mondo parendo la versione maschile della nostra Carrie Bradshaw di Sex and The City, quella che a noi ex trentenni innamorate del sentimento ci torturava le sinapsi con frasi del tipo: “Sono qualcuno che cerca l’amore, il vero amore, un amore ridicolo, un amore sconveniente, un amore che non ti permetta di vivere senza l’altro accanto”.

Peccato che oggi, vent’anni dopo Mr. Big (che nel mentre ha preferito morire piuttosto che continuare a pagare i conti delle Manolo di Carrie), più che alla caccia dell’amore, ci ritroviamo tutte alla ricerca del raggiungimento di una possibile pensione futura.

Voglio dire: in un’era in cui noi cinquantenni siamo tecnologicamente iper connesse ma emotivamente sconnesse, i clichè sentimentali li abbiamo barattati per la combo “divano più copertina più Netflix”: mancherà il brivido, ma vuoi mettere la rassicurante certezza di non dover litigare per il telecomando?

A noi che nel tempo abbiamo imparato a far passare la nottata e a sperare nel Dio del giorno dopo, questa urgenza puerile d’amore di McIlroy ci fa proprio venir voglia di dirgli: ascolta Rory, va bene desiderare una brezza che smuova i pensieri e pure qualcos’altro, ma alla fine della fiera ricordati che l’amore extra large è una corsa a perdifiato e spesso pure senza meta, mentre l’amore vero è quello di chi è capace di restare e di condividere il telecomando.

 

 

 


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