Come si può proteggere l’etica nelle gare?

Recenti episodi accaduti in svariati circoli e giunti alle mie orecchie di guardona delle cose del green mi hanno fatto balzare in mente un problema che mi pare attanagli molti dei club nostrani e che in definitiva si riduce a questa domanda:

Chi controlla davvero la correttezza delle competizioni quando la maggior parte delle volte nei nostri sodalizi questa figura è la stessa che ha l’interesse a non perdere soci e incassi?  

Mi pare si tratti di un tema assai delicato, anzi, di più, di un conflitto di interessi, che nessuno pare abbia davvero voglia di vedere.

Ora: nei club italiani il Direttore del Torneo è, suo malgrado, spesso anche Segretario Sportivo e in alcuni casi dipende direttamente dal Direttore del circolo. In altre parole, in molte occasioni, chi decide su una eventuale squalifica in gara è la stessa persona che deve anche preoccuparsi di mantenere soci e incassi.

Si tratta evidentemente di una posizione non facile, a dirla tutta. Ed eccolo qui infatti il conflitto evidente: in tempi di magra come questi, squalificare un socio è diventato difficilissimo. Anche e soprattutto per la violenza inaudita con la quale spesso i giocatori colti in fallo reagiscono alle eventuali sanzioni (il che prima non accadeva se non di rado).

Nelle ultime occasioni, infatti, quelle cioè giunte alle mie orecchie, seguire le regole al 100% e dunque arrivare alla squalifica prevista poteva e ha potuto significare perdere quote, iscrizioni, consumazioni e persino altri membri della famiglia del socio “piazzatore/calciatore”.

Come agire dunque per garantire la massima trasparenza dei risultati delle nostre gare? E, soprattutto, può uno sport che si basa sull’autodisciplina tollerare sistemi in cui il rispetto delle regole dipende anche dalla convenienza economica del circolo?

Domande difficili che prevedono risposte altrettanto complesse.

In teoria, basterebbe avere un Comitato di Gara collegiale formato da 2-3 persone del circolo che vengano interpellate a ogni infrazione; e ancora: bisognerebbe coinvolgere la Federazione in ogni caso di condotta grave e, infine, ci vorrebbe la massima trasparenza nella comunicazione delle decisioni disciplinari agli altri soci.

È tutto facile nella teoria, ma nella pratica, lo è davvero? Non credo proprio e me ne dispiaccio profondamente, ma non riesco a immaginare una posizione più complicata di quella in cui oggi si trovano i nostri Segretari Sportivi e a loro va tutta la mia comprensione; ai “piazzatori” invece solo pernacchie.


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