Addio Sergio, senza rimpianti

E così adesso sappiamo a quali campioni, noi aficionados delle cose del green, dovremo, da giovedì 9 giugno, dire ciao, ciao: tra i tanti che hanno aderito al circuito saudita di Greg Norman (ma tanto ormai lo avrete intuito dalle centinaia di news che hanno ingolfato la rete), ci sono infatti DJ, Mickelson, Kevin Na, Talor Gooch, Oosthuizen, Westwood, Poulter, Kaymer, Wiesberger, Garcia, G-Mac, Sam Horsfield, Richard Bland e poco altro ancora.

Insomma: più che un Tour, un ricchissimo prepensionamento per pochi; più che dei tornei, delle esibizioni alla Harlem Globe Trotters: un circo miliardario, dai, niente di più.

Eppure, anche se così è, e anche se niente toglie e niente aggiunge, questa novità nello scacchiere golfistico mondiale, oltre all’ormai stanca consapevolezza che si tratti della solita operazione di sport washing, mi lascia vieppiù un ulteriore retrogusto amarognolo in bocca. E me lo lascia, per due motivi: uno si chiama Horsfield e l’altro Sergio.

Per quanto riguarda l’inglesino, per altro fresco winner sul DP World Tour, m’infastidisce il fatto che si tratti di un giovanissimo di ottime speranze e dal futuro certamente roseo, che avrebbe potuto molto facilmente ambire a un posto nella prossima Ryder Cup di Roma, e che invece, così scegliendo, ha preferito il profumo del money a quello della gloria sportiva. Peccato, ma d’altronde ognuno è libero di scegliere a modo suo e lui ha scelto la strada più semplicemente danarosa. Punto.

Per quanto riguarda Garcia, invece, il tasto è assai dolente. E non solo perché prima o poi lo spagnolo sarebbe stato un capitano di Ryder con i fiocchi. No, non è solo questo. È che ha calato il sipario su una carriera grandiosa (la sua) in un modo che niente ci azzecca con l’idea del grande campione dal talento raffinato che di lui ci siamo costruiti negli anni.

Lasciatemelo dire: Sergio è stato deludentissimo. Più di Poulter, Westwood, G-Mac e Kaymer messi insieme.

Sissignore.

Est modus in rebus, insegnavano i latini, ma lui quel modus non l’ha trovato.

Già a maggio, in campo al Wells Fargo, Sergio berciava a un arbitro “Non vedo l’ora di lasciare questo Tour”, dimenticandosi però che quel Tour e quello europeo gli hanno permesso negli anni di diventare non solo il campione che è, ma anche di raggranellare nelle sole competizioni qualcosa come 85 milioni di dollari e oltre. E ancora: è di lunedì la notizia che ci racconta lo spagnolo si è addirittura “dimesso” dal Pga Tour.

Certo, ha faticato, Sergio. E ha vinto. E si è meritato tutto ciò che ha guadagnato. Ma è nel momento degli addii che si scopre l’essere umano dietro la maschera. Perché è in quel preciso istante che realizziamo che in qualche caso delle persone ci mancherà solo ciò che pensavamo fossero e non sono mai state, piuttosto che la loro concreta assenza. Ecco: di Sergio mi mancherà l’idea del Ninjo, ma non la realtà dell’uomo.

Ad maiora.


Related Posts
Total
0
Share