Chi vincerà il Masters 2025? Analisi, nomi caldi e sorprese da Augusta.
Il Masters non è solo il primo major della stagione: è il punto d’arrivo di una lunga attesa, il torneo che ogni golfista professionista sogna di vincere almeno una volta nella vita. Augusta National non è un campo come gli altri: è un palcoscenico teatrale, con i suoi alberi, i suoi green in bentgrass levigati come biliardi e le sue curve che raccontano storie di gloria e crolli drammatici.
Quello del 2025 è un field che racconta tutto ciò che il Masters sa offrire: eccellenza, attesa, riscatto. C’è chi arriva per confermare il proprio dominio, chi per scrollarsi di dosso le etichette, e chi semplicemente per sorprendere. In questa guida definitiva esploriamo tutto: il campo, i numeri chiave, i favoriti, le vere sorprese e, ovviamente, qualche previsione secca.
Augusta National 2025: la tradizione resiste al vento
Nessuna modifica al layout, nessuna yard aggiunta alle buche. Il percorso è rimasto intatto sulla carta, ma qualcosa, ad Augusta, è effettivamente cambiato. Il passaggio dell’uragano Helene, lo scorso anno, ha imposto un intervento di ripristino tanto silenzioso quanto sostanziale. Quattro green sono stati completamente rifatti, anche se il club non ha voluto rivelare quali, e la perdita di alcuni alberi storici ha alterato leggermente l’aspetto e, forse, le dinamiche di gioco in alcune zone del campo.
Lo ha detto anche Rory McIlroy pochi giorni fa, con la consueta lucidità: “The loss of a few trees was definitely noticeable.” E se lo dice uno che conosce ogni curva dell’Augusta National come il salotto di casa, c’è da credergli.
Per il resto, Augusta resta Augusta. Un campo che non ha bisogno di cambiare per restare micidiale: premia la precisione millimetrica, la pazienza granitica, la lucidità sotto pressione.
Cosa conta davvero per vincere ad Augusta nel 2025
Ogni major ha la sua chiave statistica, ma ad Augusta c’è un dato che più di tutti separa i contendenti dai semplici partecipanti: lo Strokes Gained: Approach. Nei dieci Masters più recenti, ben otto vincitori sono stati nei primi 10 della settimana in questa categoria. Non è un caso: il campo disegnato da Bobby Jones e Alister MacKenzie esige precisione millimetrica sui colpi d’attacco ai green. I green sopraelevati e le loro pendenze puniscono chi sbaglia di mezzo ferro. Colpire il green, sì, è importante, ma far atterrare la pallina nella parte corretta fa tutta la differenza tra birdie e tre putt.
Un altro dato che storicamente accomuna i vincitori è la capacità di capitalizzare nei par 5. Le quattro buche più corte del campo (la 2, la 8, la 13 e la 15) rappresentano l’unica vera “finestra di opportunità” per costruire uno score aggressivo. Il punteggio medio del vincitore in queste buche è di -9 o meglio, segno che chi non riesce a sfruttarle al massimo si autoesclude dalla lotta per la Green Jacket. Nel 2024, ad esempio, solo tre giocatori tra i primi dieci hanno chiuso i par 5 in meno di -7. Gli altri erano tutti tra -9 e -11.
Poi c’è lo scrambling dal rough, la metrica meno sexy ma forse la più cruciale nelle giornate difficili. Ad Augusta, il rough non è particolarmente alto, ma è denso, compatto, spesso umido al mattino. E soprattutto, viene abbinato a colpi in salita, green duri e pin position ingiocabili dal lato sbagliato. Le buche 4, 11 e 13 sono esempi perfetti: chi sbaglia l’approccio deve saper recuperare con mano delicata e nervi saldi. Non a caso, nei Masters recenti, i giocatori con percentuali di scrambling sopra il 65% in queste tre buche hanno ottenuto in media due colpi guadagnati rispetto al field solo su quel tratto.
Ma il vero spartiacque, il luogo dove si decidono le sorti del torneo, è da sempre l’Amen Corner: buche 11, 12 e 13. Nel 2024, il 68% dei bogey o peggio registrati dai primi dieci classificati è arrivato in questo tratto. È qui che Augusta si fa sentire. Il vento sul tee della 12 può ingannare anche i migliori. Il secondo colpo alla 11 è tra i più insidiosi del golf mondiale, e la 13 (oggi allungata e più angolata) non regala più eagle facili. In pratica: sopravvivi qui, e puoi pensare alla giacca.
I favoriti: chi può vestirsi di verde
Il nome che dovrebbe campeggiare su ogni pronostico, come sempre negli ultimi anni, è quello di Scottie Scheffler. Ma stavolta, scelgo consapevolmente di lasciarlo fuori. Certo, se dovesse ritrovare feeling col putter – cosa che nel 2025 ancora non si è vista – e tornasse a quella precisione chirurgica nei colpi d’approccio che lo ha reso dominante, avrebbe senza dubbio tutte le carte in regola per vincere. Ma quest’anno, qualcosa sembra essersi leggermente allentato nel suo meccanismo perfetto. E ad Augusta, basta poco perché l’impossibile sfumi.
Chi spera di spezzare la maledizione è, ancora una volta, Rory McIlroy. La sua rincorsa alla Green Jacket è diventata una saga, ma anche quest’anno il nordirlandese si presenta con segnali positivi come forse mai visto negli ultimi anni. La sua media score stagionale è di 69.8, tra le migliori del circuito, e il suo SG: Off the Tee lo colloca stabilmente al primo posto. Il suo gioco lungo resta tra i più potenti, e l’esperienza ad Augusta lo mette sempre in condizione di reagire. La chiave, come sempre, sarà evitare il round “no” che troppo spesso gli rovina la settimana.
Jon Rahm, invece, è un’incognita. Vincitore del Masters nel 2023, lo spagnolo è passato alla LIV Golf, dove ha giocato meno eventi, ma ha mantenuto un livello altissimo: i dati raccolti finora lo vedono ancora tra i migliori in driving accuracy (69.1%) e nel gioco corto, dove figura tra i Top 3 in scrambling nel circuito saudita. A differenza di altri colleghi del LIV, Rahm non ha bisogno di “rodarsi”: ha un feeling naturale con Augusta e la sua potenza controllata resta una minaccia e sono sicuro che si farà valere questa settimana.
Altro nome in crescita costante è Viktor Hovland. Dopo aver sfiorato la vittoria nel 2023 (chiuse T7 da leader dopo il primo giorno), il norvegese ha aggiunto solidità al suo gioco corto, passando da 132° a 57° in SG: Around the Green in poco più di una stagione. I suoi numeri tee to green restano tra i migliori (è 4° nel 2025) e se parte con fiducia può restare in zona calda fino alla domenica.
E se cercate una storia che potrebbe scuotere la narrativa dei favoriti tradizionali, attenzione al cileno Joaquin Niemann. Il suo gioco, tecnicamente completo e aggressivo, si adatta benissimo ad Augusta: nel 2024 ha chiuso con un ottimo piazzamento (top 10), dimostrando che il campo della Georgia può premiarlo. Niemann eccelle soprattutto dal tee, con una driving accuracy impressionante del 69% e una capacità costante di capitalizzare sui par 5. Non solo: la sua esperienza acquisita giocando sul LIV, lontano dai riflettori costanti del PGA Tour, gli ha permesso di lavorare con maggiore tranquillità su quei dettagli che, al Masters, possono fare la differenza.
Le vere sorprese: profili bassi, numeri alti
In ogni edizione del Masters c’è chi sfugge ai radar fino a venerdì, poi improvvisamente compare tra i primi dieci. Ecco i nomi che potrebbero far parte di quella categoria nel 2025.
Robert MacIntyre è un nome che merita attenzione. Il mancino scozzese ha già dimostrato una naturale affinità con Augusta National, ottenendo un T12 al debutto nel 2021 e un T23 nel 2022. Dopo una pausa di due anni, ritorna al Masters forte di due vittorie significative sul PGA Tour: il Canadian Open e lo Scottish Open. Recentemente, ha collezionato quattro top-11 nelle ultime cinque partenze, inclusi piazzamenti di rilievo al THE PLAYERS Championship e all’Arnold Palmer Invitational. La sua abilità nel gioco corto e la nota predilezione di Augusta per i mancini, potrebbe fare la differenza.
Un altro giocatore da tenere d’occhio è Corey Conners. Il canadese ha iniziato il decennio con tre top-10 consecutivi al Masters e, nonostante un T38 nel 2024, ha mostrato una forma eccezionale nel 2025. Attualmente è 13° nel ranking di Data Golf e 21° nell’Official World Golf Ranking (OWGR). Conners è noto per la sua precisione dal tee e la consistenza con i ferri, qualità fondamentali ad Augusta. Recentemente, ha ottenuto un terzo posto all’Arnold Palmer Invitational e un T6 al THE PLAYERS Championship, dimostrando competitività su campi di alto livello. Se il putter lo assiste, potrebbe essere una presenza costante nelle posizioni di vertice.
Sergio Garcia, campione del Masters nel 2017, sta vivendo una rinascita nel 2025. Con una vittoria e due altri piazzamenti tra i primi quattro nelle ultime quattro partenze sul LIV, il suo gioco è in netta ripresa. Nonostante alcune difficoltà ad Augusta negli anni successivi alla sua vittoria, Garcia ha mantenuto competitività in altri major, con un T27 e un T12 agli U.S. Open nelle ultime due estati. La sua esperienza e conoscenza del campo potrebbero rivelarsi decisive.
Russell Henley è un nome che potrebbe sorprendere molti ad Augusta. Attualmente settimo nel ranking mondiale, Henley ha mostrato una forma eccezionale nel 2025, con quattro top-10, inclusa la vittoria all’Arnold Palmer Invitational. La sua esperienza ad Augusta è significativa, con nove partecipazioni che gli hanno permesso di acquisire una profonda conoscenza del campo. La sua abilità nel gioco corto e la precisione nei colpi d’approccio lo rendono particolarmente adatto alle sfide che il Masters presenta.
Questi giocatori, pur partendo da posizioni meno accreditate, possiedono le qualità e la forma recente per sorprendere e lasciare il segno nel Masters 2025.
Augusta non dimentica (e nemmeno noi)
C’è qualcosa nel Masters che va oltre la logica, oltre i numeri, persino oltre i grandi swing. È l’unico major giocato sempre sullo stesso campo e questo crea una memoria collettiva, un’enciclopedia di emozioni che si arricchisce anno dopo anno.
Qui, la storia si intreccia con il presente a ogni colpo: il secondo alla 13 ti fa pensare a Phil tra gli alberi nel 2010, il tee shot alla 12 rievoca ahimè Chicco Molinari nel 2019, il green della 16 ha ancora l’eco del miracolo di Tiger nel 2005.
Ma Augusta sceglie chi vuole lei. E ogni tanto, sceglie la favola. Un outsider. Un veterano. Un esordiente illuminato.
Quest’anno il campo è pronto. Gli alberi sono diversi. I green hanno memoria nuova. Ma la giacca è sempre verde. E come ogni aprile, ci chiede una sola cosa: chi sei davvero, quando conta?
E io, come ogni anno, sarò lì, occhi sul fairway, cuore tra i pini, sperando che le mie previsioni si avverino… e che magari Rory riesca a rompere la maledizione.