Non posso neppure lontanamente immaginare quanto faccia male. Voglio dire: quanta sofferenza può produrre nell’animo sportivo condurre un torneo del Pga Tour per 71 buche di fila, essere a un solo par 4 dal tuo primo successo sul circuito americano dopo ben 159 tentativi e vedersi in pochi atroci istanti sfilare il titolo da sotto gli occhi dinnanzi a un pubblico urlante e ostile? Ve lo richiedo: quante cicatrici sul cuore ti può causare un’esperienza sportiva del genere? Ve lo dico io, purtroppo per esperienza diretta: innumerevoli.
Lo avrete già intuito: il fattaccio è successo domenica scorsa a Tommy Fleetwood al Travelers Championship, ultimo Signature Event americano del 2025.
Nonostante tutto il dolore, Tommy si è comunque presentato con le lacrime agli occhi davanti ai microfoni, dando così una lezione di stile al McIlroy arrogante di questi ultimi tempi disgraziati, quelli in cui il numero 2 del mondo non ha più voglia di parlare con i giornalisti che pure sono lì a svolgere il loro maledetto lavoro, esattamente come lui.
Ma non solo: in quegli istanti mediatici dolorosi, Fleetwood ci ha insegnato che la vera forza è di chi non ha paura di non sembrare forte.
Ora: inutile a dirsi, la mia stima per Fleetwood è cresciuta a dismisura. E non solo per la grazia con cui ha accettato la botta. Non solo per la gentilezza, l’umanità e l’umiltà che lo contraddistinguono da sempre. Non solo per tutto questo. Ma anche e soprattutto perché è un uomo capace di cadere e rialzarsi, sempre. Perché, se è vero che viviamo in una società che esalta solo i winner, lui non si è mai arreso all’idea stupida di valere poco. Ed è lì che a mio dire che si manifesta la vera grandezza: la forza di chi è capace di fare un solo passo oltre il proprio dolore, oltre il proprio passato.
Tommy ha dichiarato ai microfoni che non guarderà al Travelers come a un’esperienza negativa, ma piuttosto ha raccontato che porterà via con sé gli aspetti positivi della settimana. Chapeau, perché nello sport il cielo è sereno non quando vinciamo, ma solo quando non abbiamo rimpianti alle spalle.
Insomma: il nostro valore non si misura in base a quanto siamo in grado di conquistare, ma a quanto siamo in grado di sopportare. E dunque, detto tutto questo e proprio per tutto questo, per me Tommy Fleetwood è un grandissimo campione e se ci sarà qualcuno per cui tiferò al The Open, sarà certamente lui. Lui che ci insegna che rimetterci in piedi il più grande successo sportivo a cui possiamo ambire.