Giulia Sergas e la libertà conquistata

Giulia Sergas e la libertà conquistata.

Arriva per tutti, anche per i golfisti più affermati, quel momento nella carriera in cui ti accorgi di aver guadagnato tanto, tantissimo, in termini di esperienza, ma, allo stesso tempo, di aver perso molto, moltissimo, in termini di innocenza. Ed è in quel preciso istante, in quel momento in cui inizi a ragionare troppo sulle cose e sui colpi, che giocare a golf ti diventa difficile, se non faticoso.

Giulia Sergas

Alla soglia del Ladies Italian Open che la vedrà tornare in campo da venerdì 28 in quel di Margara, Giulia Sergas ragiona sui suoi sedici anni di vita (dal 2001 al 2017) trascorsi a swingare sull’LPGA Tour: “Se potessi tornare indietro –racconta- rifarei tutto, ma con meno paranoie, quelle stesse che mi costringevano a fare e a cercare cose che alla fine non servivano proprio a niente”.

Cambiare il metodo di allenamento, modificare la tecnica, inseguire la ricerca di uno swing super raffinato e di un coach capace di insegnartelo: ecco gli aspetti inutili e sfiancanti di una vita da proette negli Stati Uniti.

“Tutte rincorriamo una perfezione di swing che però è solo una chimera –spiega Giuia Sergas- ma la perfezione non esiste, e cercarla, alla fine, ti aiuta solo a riempire un vuoto”.

Giulia Sergas a Cortina

Il vuoto di cui parla Giulia è il senso di solitudine che è comune a tutti i giocatori e soprattutto alle giocatrici che vivono sul Tour, ma di cui nessuno di loro desidera parlare: “Mi appoggiavo a qualsiasi swing coach che pensavo potesse darmi una mano a migliorare, ma quello di cui in realtà avevo bisogno non era uno swing nuovo, ma una persona che non mi facesse sentire sola, laggiù, negli States”.

Per questo, se oggi si trovasse a dover fornire un consiglio a qualcuna delle ragazze italiane desiderose di intraprendere una carriera sul circuito pro, la prima cosa che Giulia Sergas si permetterebbe di dire loro sarebbe:

“Trovatevi qualcuno che non vi faccia sentire la solitudine, più che uno swing coach vero e proprio”.

Lei, Giulia, nel frattempo, tra la fine della vita sul Tour e il ritorno in campo a Margara, ha realizzato il sogno della sua vita: “Sono finalmente in pace, sono andata a vivere dove desideravo essere da sempre, in montagna, a Cortina. Qui fuori è come stare in un parco giochi: esci di casa e puoi sciare, correre, andare in bici, scalare, arrampicare: qui è tutto più semplice e la gente è più vera”.

E sarà proprio in montagna, a San Vigilio di Marebbe, che Giulia Sergas si sposerà a settembre: “La cerimonia sarà in un rifugio e io indosserò i miei stivali texani, non certo l’abito bianco”.

Prima, però, il ritorno in campo per un evento straordinario –il Ladies Italian Open- per il quale Giulia non smette di ringraziare la Fig per averlo voluto a tutti i costi:

“Sento che c’è già una parte della vecchia me che sta cercando di uscire, ma io non voglio permetterglielo. È quella Giulia che si puntava il ditino addosso, quella che si metteva sotto pressione, quella che si giudicava e si spronava e si spingeva a dare il meglio. All’epoca era un mood necessario e costante, oggi non più, perché se arrivo ultima o se vinco, alla fine nella vita non cambia davvero niente”.

Giulia Sergas e i suoi stivali preferiti

C’è una forma di libertà assoluta in queste parole e glielo faccio notare: “Sì, c’è la libertà del surfista che aspetta l’onda nel mare piatto. Se arriva il cavallone, lo cavalca, sennò, se non arriva, chissenefrega”.

Morale: la libertà dell’essere chi siamo realmente non è data, ma è una conquista, e l’unico modo per ottenerla è passare attraverso la vita, senza mai scansarla.

 


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