Da un po’ di anni a questa parte, anche grazie all’evoluzione tecnologica che ha miniaturizzato i dispositivi di riproduzione, è sempre più frequente vedere i giocatori che si allenano in campo pratica o attorno al chipping green con le cuffiette nelle orecchie per ascoltare musica. Qualche mese fa la nostra Samantha Bernardi ha scritto un articolo che riguarda l’impatto della musica sulle performance sportive, e su come questo argomento sia arrivato all’attenzione sia degli sportivi che dei ricercatori (lo trovate qui).
Oggi però vorrei approcciare l’argomento da un angolo diverso, andando a scoprire delle connessioni fra golf e musica un po’ insolite. Abbiamo parlato, qualche tempo fa, di golf e cinema e, fra le colonne sonore dei molti film che parlano del nostro sport, a mio avviso la migliore è quella di Tin Cup (per quanto il film non sia eccellente), che raggiunge il suo climax sul finale con il “Double Bogey Blues” di Mickey Jones (…I pull out my driver, I check my stance and grip / I’m trying to remember every single Nicklaus tip…).
Tuttavia, Mickey non è stato certo il primo a scrivere una canzone sul golf: Bing Crosby, appassionato golfista e fondatore del Crosby Clambake, poi diventato il AT&T Pebble Beach Pro-Am, scrisse la iconica “Straight Down the Middle”, che racconta di una palla tirata dritta in mezzo alla pista, ma poi inspiegabilmente andata persa (…it started to slice just a smidge off line / It headed for two then it bounced off nine…).
In molti sicuramente ricordiamo le gesta di Bubba Watson, Hunter Mahan, Ben Crane e Ricky Fowler nei panni dei Golf Boys, con il loro brano “Oh, Oh, Oh”, probabilmente più per l’outfit improbabile (Bubba Watson a torso nudo con la salopette di Jeans è veramente inguardabile) che per la performance canora; ma anche in questo caso c’è un illustre precedente rappresentato da Jake Trout & the Flounders, la band di cui, fra gli anni ’80 e ’90, facevano parte Payne Stewart (armonica), Mark Lye (chitarra) e Peter Jacobsen (chitarra e voce). Quest’ultimo era il frontman del gruppo e le loro canzoni si rifacevano ai grandi classici, rivedendo i testi con riferimenti satirici e umoristici al mondo del golf. Senza toglievi il gusto di scoprire a quali brani fanno riferimento, vi cito “Don’t worry, keep Swingin’” (facile da intuire), “Slow Play” (evidentemente anche negli anni ’80 il gioco lento era un problema sentito), e “Hittin’ on the Back of the Range”.
Alla fine di questo piccolo, insolito excursus nel mondo della musica golfistica, la mia riflessione personale è che comunque il “sound” più bello del golf è quello della palla colpita al centro della faccia del bastone e, come la buona musica, è una cosa rara da ascoltare.