Golf e Superstizione

Gli elementi fondamentali su cui si reggono tutti gli altri aspetti che fanno di un golfista un buon giocatore sono la ripetitività e la visione del gioco. Tuttavia, al di là degli aspetti tecnici esiste una componente irrazionale di superstizione che molti giocatori, dai golfisti del fine settimana ai professionisti del tour, abbracciano più o meno consapevolmente. Questi rituali, che si tratti di indossare una maglietta portafortuna, evitare determinati numeri o seguire una certa routine prima del colpo, sono più che semplici stranezze: sono strumenti psicologici che aiutano ad affrontare l’imprevedibilità insita nel gioco.

Uno studio del 1975 della psicologa Ellen Langer ha introdotto il concetto di “illusione del controllo”, secondo cui le persone si comportano come se potessero influenzare eventi incontrollabili.

Il cervello umano cerca la prevedibilità e nel golf, dove il vento, l’umidità dell’aria e la grana dell’erba possono influenzare l’esito di un colpo, i rituali contribuiscono a creare un falso senso di controllo. La ricerca in psicologia dello sport dimostra che le routine pre-prestazione migliorano la concentrazione e riducono la tensione sotto pressione. Le superstizioni spesso si evolvono da queste routine, radicandosi come passaggi “necessari”, ulteriormente rafforzate dal fatto che il cervello tende a ricordare i successi legati alla superstizione, ignorando al contempo i fallimenti.

La maglietta rossa che Tiger Woods indossava la domenica è una delle superstizioni più famose nel mondo del golf. Sua madre gli raccontò come nella cultura thailandese il rosso fosse un “colore potente”, e Woods lo adottò come tradizione per il round finale. Anche se la maglietta in sé non influenzava il suo swing, il rinforzo psicologico – sapendo di aver vinto tanto indossando il rosso – verosimilmente aumentava il suo senso di sicurezza. Jack Nicklaus, portava sempre tre penny in tasca credendo che gli portassero fortuna, soprattutto nei momenti cruciali. Questa superstizione non riguardava le monete in sé, ma la rassicurazione mentale che gli davano.

Senza scomodare i mostri sacri, io stesso sono stato testimone e vittima di alcune superstizioni: ci sono giocatori che dopo un birdie cambiano la palla (ogni palla da golf contiene un solo birdie), e c’è chi usa solo pennarelli di uno specifico colore per segnare la palla; non si usa mai una palla trovata nello sesso giro di campo, ed è buona norma, dopo un putt imbucato da lontano, toccare l’interno della buca con la palla, come segno di ringraziamento agli dei del golf. Io stesso non uso tee gialli per giocare i teeshot, non tengo mai una seconda palla in tasca per una eventuale provvisoria (è un invito a giocarla) e ormai da anni indosso solo cappelli rosa.

Ben Hogan una volta disse: “Il colpo più importante nel golf è quello successivo”. Il senso di questa frase rimarca l’importanza di concentrarsi su ciò che si può controllare piuttosto che soffermarsi sulla fortuna, ma sebbene questi rituali di per sé non alterino la fisica, fungono da ancore mentali, trasmettendoci un senso di sicurezza che ci aiuta a concentrarci e a ridurre la tensione.

E se queste strane abitudini possono davvero infonderci sicurezza tanto quanto un nuovo driver, allora che siano benvenute: in ogni caso, costano meno di un nuovo set di ferri.


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