Il cappello da golf

Il cappello è un accessorio indossato dalla grande maggioranza dei giocatori, e oltre a proteggere dal caldo e a schermare gli occhi dalla luce del sole, il bordo della visiera aiuta ad allinearsi sulla palla e delimita il campo visivo focalizzando lo sguardo sul bersaglio. Curiosamente il cappello più comunemente utilizzato sul campo da golf è il cappello da baseball, e questo è il frutto di un’evoluzione che oltre allo stile di gioco ha interessato anche l’abbigliamento, al punto che per certi giocatori è diventato un simbolo distintivo.

Verso la metà XIX secolo il golf iniziò a diventare più popolare grazie all’introduzione della palla in guttaperca (qui potete leggere la storia) l’abbigliamento sul campo da golf non si discostava molto dalla giacca e cravatta della vita quotidiana, e il cappello più diffuso era il cosiddetto “Newsboy”, che riparava dalle intemperie e con la sua piccola visiera offriva una protezione dal sole. È il cappello fatto di spicchi di stoffa cuciti insieme e sormontati da un bottone, che vediamo indossare da Tom Morris nelle foto che lo ritraggono sui fairway di St. Andrews e Carnoustie.

Negli anni ’30 del XX secolo, anche se giacca e cravatta avevano lasciato il campo da golf per essere indossate solo in club house, il cappello era ancora un accessorio irrinunciabile, e icona dello stile di quegli anni è sicuramente Ben Hogan con il suo “Ivy”, che si distingueva dai più comuni Panama e Fedora importati dalla tradizione spagnola quando all’inizio del secolo il gioco del golf, varcando i confini del Regno Unito, aveva preso piede nei paesi latini.

Negli anni ’60 e ’70, quando la moda maschile aveva definitivamente abbandonato l’utilizzo del cappello nella vita quotidiana, era diventato comune vedere sul campo i giocatori a capo scoperto: nei filmati di quell’epoca ritroviamo Nicklaus, Watson, Palmer che si danno battaglia sui links con i capelli scompigliati dal vento delle Highlands. Faceva eccezione Lee Trevino, che già all’epoca giocava indossando sempre il suo Rope Hat, una versione più ricercata del cappello da baseball, impreziosito da una corda intrecciata sull’attaccatura della visiera, piatta e sproporzionatamente grande.

 

 

All’inizio degli anni ‘90, quando il golf cominciò ad essere trasmesso più frequentemente in televisione, i cappelli tornarono sui campi da golf ed è in questa occasione che fecero la loro comparsa i cappellini da baseball, che offrivano un grande spazio sulla fronte per mostrare il nome dello sponsor. Alcuni giocatori deviarono dal modello più comune, rendendo il cappello una sorta di marchio di fabbrica: l’Australiano di Greg Norman, il Flat Hat di Payne Stewart che proponeva una versione aggiornata dello stile di Ben Hogan e che oggi ritroviamo sulla testa di Bryson DeChambeau, la visiera da postino di Ian Poulter. Tiger Woods, agli esordi, portava un panama bianco, e solo in seguito iniziò ad indossare il cappellino nero con il logo TW che tutti o golfisti conoscono e riconoscono.

Quasi ogni golfista ha un numero consistente di cappellini: l’edizione di un Major o di un Open di cui si è stati spettatori, un campo dove si è giocato, ma questi non si mettono per andare in campo: il cappello da golf è molto più di un accessorio: è un oggetto da collezione.


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