Il Dream team 2021? Laporta e Cosenza, ossia i “Lapenza”

In una società come la nostra, basata sull’autoaffermazione e sul totale individualismo, è una vera boccata d’ossigeno fare due chiacchiere con Pietro Cosenza, coach storico e amico fraterno di Francesco Laporta.

Innanzi tutto, però, prima di continuare, stendiamo un micro riassunto delle ultime puntate: i “Lapenza”, Official Dream Team 2021 del golf italiano, arrivano da una seconda parte di stagione stellare, con vittorie sfiorate niente popò di meno che all’Irish Open, a Wentworth e a Dubai, e con l’ingresso (ottenuto per la prima volta) nei top 50 della Race to Dubai.

Ce ne sarebbe abbastanza per Pietro per lustrare le medaglie e mostrare i muscoli e invece… E invece no, perché il cuore grande, l’umiltà e la capacità di tenere i piedi ben piantati per terra sono caratteristiche non solo della terra da dove i Lapenza arrivano (la Puglia), ma anche e soprattutto di questo meraviglioso duo golfistico:

“Molti mi ripetono che sono stato bravo –esordisce Cosenza- ma la verità è che è Francesco la vera forza, è lui la mia roccia. Anzi, a dirla tutta, ho dovuto migliorare tanto di me per stare al suo passo. Lui è un vincente vero, non si accontenta, l’ambizione è la sua qualità numero uno: può sbattere le corna mille volte, ma non mollerà mai. Per dire: il giorno dopo la finalissima di Dubai, ha convocato subito una riunione con tutto il team per mettere a punto la strategia per il 2022, perché conquistare un titolo sul Tour è il suo obiettivo e farà di tutto per riuscirci”.

Ma Laporta è sempre stato così?  “Certamente. Nel 2003, la prima volta che ci siamo incontrati, aveva 13 anni e aveva iniziato a giocare a golf da pochissimo: aveva preso sì e no due lezioni in Sudafrica. Ecco: già allora era convinto che sarebbe arrivato sul circuito. Io l’ho guardato: era magrolino, si muoveva male, secondo me era pure negatello, però mi sono detto: vabbè, il ragazzino ha grinta e carattere, vediamo che succede. E quello che è successo è che aveva ragione lui”.

Qual è il vostro punto di forza?  “Mah… Quando sono sul Tour con Francesco do sempre un’occhiata ai coach. Osservo molto come si pongono nei confronti dei campioni che allenano e lo faccio soprattutto per imparare, per migliorare nel mio mestiere. Però, rispetto a tutti loro, una cosa in più noi due l’abbiamo ed è che siamo amici veri, gli altri no”.

Mi pare un grande punto di forza…: “sì, ma ci sono i pro e i contro. I pro sono ovvi, i contro è che ci mandiamo spesso a fan@@lo. Soprattutto quando si parla delle mie fidanzate che devono andare bene pure a lui, sennò non se ne fa niente. L’ultima volta? Arrivo a Dubai e la prima cosa che Lapo fa, cos’è? Mi chiede della mia ultima relazione”.

Ah, però… “Ma sì, ci sta: siamo cresciuti insieme, siamo come fratelli. E dunque siamo molto protettivi l’un con l’altro”.

Da fratello, allora e non da coach, quando hai pensato: forse ci siamo col gioco? “Nel 2019, quando Francesco ha vinto l’Omnium a Le Querce. Lo guardavo ed era meno nervoso, s’inca@@ava meno, era più maturo, più nel presente. E da allora quest’aspetto è andato sempre migliorando, tanto che secondo me ora si sono aperti scenari davvero importanti”.

Beh, il primo scenario importante è l’arrivo di una bambina in casa Laporta: “Manca pochissimo, ormai. E la figlia, ancora prima di nascere, gli ha già fatto benissimo, lo ha reso ancora più uomo, più riflessivo”.

E tu, come ti senti? “Io? Più calmo. Ti racconto una cosa: nel riscaldamento della domenica di Wentworth, quando Francesco era leader, per la prima volta mi sono goduto il momento. Lui era sereno, io anche. E mentre Lapo praticava, col pensiero riandavo a tutta la strada che avevamo fatto insieme, ricordavo da dove eravamo partiti, pensavo a tutti gli hotel sperduti dove avevamo dormito tra un torneo e l’altro. Ed ero felice per lui e per me”.

Miguel de Unamuno sostiene che la strada la si scopre mentre si è in cammino: nel caso dei Lapenza, Francesco la conosceva già nel 2003, e Pietro l’ha scoperta a Wentworth 2021, ma, alla fine, poco importa. Ciò che conta è dove sono oggi, probabilmente insieme al San Domenico, a cercare palline da regalare al caddie master. Come sempre.


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