Quando parliamo di golf e di extraterrestri, probabilmente il nostro pensiero va a Tiger Woods e alle sue vittorie con margini impressionanti, o a Rory McIlroy e ai suoi drive a distanze per noi irraggiungibili, ma nel senso più letterale del termine l’unico vero extraterrestre del golf si esibì una sola volta, il 6 febbraio 1971.
Quel giorno nello sport mondiale non succedeva nulla di eclatante, ma a 370.000 km di distanza dalla terra, sulla superficie della Luna Alan Shepard, comandante della missione Apollo 14, giocava a golf, tirando due colpi che sarebbero passati alla storia.
Le immagini di Shepard davanti al modulo lunare che fa lo swing furono trasmesse in diretta televisiva e colsero tutti di sorpresa, compresi i tecnici al centro di controllo di Huston: nessuno a parte il capo missione Bob Gilruth era a conoscenza delle sue intenzioni, e lo stesso Gilruth in un primo momento si era detto assolutamente contrario all’idea; solo dopo le rassicurazioni di Shepard che se una qualsiasi cosa non fosse andata come era stato pianificato avrebbe rinunciato alla sua impresa, Gilruth accordò all’astronauta il permesso di uno swing sulla superficie lunare.
Shepard aveva fatto modificare la testa di un Ferro 6 Wilson in modo che potesse essere attaccata al suo strumento per la raccolta dei campioni di suolo e insieme a due palle (di cui non rivelò mai la marca) lo inserì di nascosto nel suo kit per le attività extraveicolari. Per prepararsi al colpo, Gilruth concesse a Shepard di praticare dal bunker di un percorso vicino al Centro di Controllo di Huston indossando la sua tuta spaziale.
“Huston, probabilmente riconoscerete quello che tengo in mano come il manico dello strumento per la raccolta dei campioni, e casualmente c’è la testa di un ferro 6 attaccata in fondo” disse Shepard in diretta TV. “Nella mano sinistra ho due palline che sono familiari a milioni di Americani; sfortunatamente la mia tuta è talmente rigida che non riuscirò a farlo con entrambe le mani, ma adesso proverò a giocare un colpo dalla sabbia.”
Dopo due tentativi andati a vuoto, il primo colpo di Shepard fu uno shank in un cratere a poca distanza; “Mi sembra uno slice, Al” commentò divertito il responsabile delle comunicazioni Fred Haise. Ma Shepard aveva con sé ancora una palla e il suo secondo colpo risultò in un impatto decisamente migliore. “Miglia, miglia e miglia” commentò entusiasta l’astronauta mentre la palla usciva dal suo campo visivo inghiottita dal nero dello spazio.
Nel 2019 Andy Saunders, un ingegnere con la passione per la fotografia, ottenne l’accesso completo agli archivi della NASA e utilizzando delle avanzate tecniche di restauro fotografico riuscì a identificare esattamente i due siti dove atterrarono le palle di Shepard, rimasti perfettamente intatti a distanza di anni grazie alla mancanza di atmosfera, e quindi di vento, che ha lasciato inalterate le condizioni del suolo lunare. Il primo colpo era “allunato” 24 yards sulla destra, e il secondo a 40 yards di distanza da dove era stato giocato. “Non ha potuto piazzare e ha dovuto giocare dalla sabbia non rastrellata”, scherzò Saunders commentando la prestazione di Shepard. Saunders fece anche una stima secondo la quale se fosse possibile replicare le velocità di swing di Bryson DeChambeau sulla luna, la palla volerebbe per circa 5 km, decisamente più vicina alla stima di “miglia e miglia” del comandante Shepard.
Il ferro 6 di Alan Shepard oggi viene conservato al museo della USGA e, insieme al putter Calamity Jane di Bobby Jones e al ferro 1 di Ben Hogan, è uno dei pezzi più pregiati del museo. Le due palle invece resteranno per sempre là dove sono atterrate 54 anni fa, a memoria di un’impresa un po’ folle e irriverente che ha reso il golf l’unico sport mai praticato al di fuori del nostro pianeta.