LIV and let die, che ne sarà del circuito saudita?

Mentre il Dp World Tour e il Pga Tour si avviano a concludere nelle prossime settimane la propria stagione rispettivamente con l’appuntamento finale di Dubai e l’RSM Classic, senza troppi clamori il circuito LIV ha invece già  calato il sipario sul suo secondo anno di attività.

Cosa ricorderemo di questo 2023 di golf saudita? Poco, per la verità: che Taylor Gooch è stato l’uomo della stagione, che Bryson DeChambeau ha mostrato vividi segnali di ripresa, che Brooks Koepka, unico tra i campioni LIV a riuscire nell’impresa, ha vinto un major e con esso si è guadagnato l’accesso al team americano di Ryder Cup, che Matthew Wolff pare essere scomparso definitivamente dai radar del golf che conta, e che Phil Mickelson è ormai a tutti gli effetti un reclutatore di giocatori per conto di Greg Norman.

Un po’ pochino, a dire il vero, per un circuito che, con secchiate di miliardi di dollari a disposizione, avrebbe dovuto in breve tempo sconquassare il vetusto mondo del golf professionistico e che invece non è neppure riuscito a ottenere punti valevoli per il World Ranking nei suoi tornei.

Due anni fa il caos totale nel mondo del green pareva infatti essere l’intento dello Squalo Bianco, il quale, oggi invece, non sa cosa ne sarà di lui una volta che l’accordo strategico di collaborazione tra Pga Tour, DP World Tour e Pif sarà posto in essere (in teoria) nel 2025.

Nel mentre, le notizie degli ultimi giorni ci mostrano che lentamente qualcosa si sta muovendo tra il Pga Tour e il Dp World Tour, con maggiori facilitazioni per i giocatori che desiderano spostarsi da un circuito all’altro. Del LIV in tutto questo grande scenario non v’è traccia. Come non v’è traccia ancora se i tornei sauditi resteranno nei calendari mondiali una volta che il triplice patto del 2025 sarà (eventualmente) sancito.

Vedremo.

Intanto, per chi desiderasse sapere qualcosa di più su ciò che si muove dietro le quinte dei vari circuiti, consiglio un libro in uscita il 31 ottobre: si intitola “LIV and Let Die” e lo firma uno dei giornalisti più sul pezzo del panorama statunitense, Alan Shipnuck, lo stesso che con la sua biografia non autorizzata su Phil Mickelson di un paio di anni fa ha condannato il mancino alla sparizione dal panorama del golf che conta.

Per adesso il libro ha già ricevuto critiche pesanti da Justin Thomas su Twitter, pardòn, su X. Evidentemente qualcosa di gustoso Alan deve averlo scritto nuovamente.


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