Non ce la faccio. Non ce la faccio a commentare la Presidents Cup…

Non ce la faccio. Non ce la faccio a commentare la Presidents Cup come farei con la Ryder. E’ più forte di me. 

Si, lo so, dovrei essere totalmente imparziale, non essere minimamente di parte, neutro nelle considerazioni ecc. ecc. 

Per questo, nell’attesa che diventi una manifestazione profondamente radicata nella storia del gioco del golf e nelle sue tradizioni, vi racconto forse il gesto più bello che la rappresenta.

E’ necessario tornare indietro, non oltre la Presidents Cup del 2003, giocata al Links Course al Fancourt Hotel and Country Club Estate in Sud Africa. 

Nonostante la storia del drammatico pareggio risultante dai match play sia ben nota, lo spirito sportivo che aleggiò sulla competizione non solo fu degno di nota, ma simboleggia da sempre l’essenza della Presidents Cup.

Personalmente inizio sempre da qui nel guardare i momenti salienti di questa coppa.

Con le partite in pareggio alla fine del gioco regolamentare, Tiger Woods e il sudafricano Ernie Els iniziarono un playoff sudden death (il primo a vincere la buca avrebbe dato la vittoria alla squadra). Con l’oscurità che avvolgeva il percorso e tutti i giocatori  di entrambe le squadre a seguire, i due pareggiarono le prime due buche. Alla terza buca, Woods imbucò un putt per il par da 4 metri e mezzo, lasciando Els con un difficile putt da 2 metri e mezzo per mantenere in vita il playoff.

Bobby Jones affermava che nel golf non c’è coraggio, perché non c’è pericolo fisico coinvolto nel gioco. Magari è anche vero – e nessuno lo saprebbe meglio di Jones – ma se, nell’imbucare quel putt, Els non ha mostrato coraggio, ditemi di cosa si trattasse…

Quello che è successo dopo è quasi impensabile nel contesto del mondo dello sport come lo conosciamo oggi. Amici e rivali di lunga data Jack Nicklaus e Gary Player – i rispettivi capitani delle squadre – hanno concordato un pareggio, con la clausola che invece degli Stati Uniti, detentore della coppa in carica, che l’avrebbero quindi tenuta, sarebbe stata condivisa da entrambe le squadre .

“Dal primo giorno, Gary e io avevamo detto che non si sarebbe trattato di chi avesse vinto o perso”, ha detto Nicklaus. “Ovviamente sia Gary che io volevamo vincere e questo volevano anche tutti i nostri giocatori. Ma il gioco ha avuto il sopravvento”.

Mesi dopo, al suo Memorial Tournament, Nicklaus parlò della supremazia della sportività durante una conferenza stampa con Els.

“Non c’era nessuno al mondo che volesse vederti perdere quel putt nei playoff”, ha detto Nicklaus. “Nessuno nella nostra squadra e nessuno nel mondo dello sport”.

“Dici sul serio?” disse Els.

“Sono molto serio”, ha detto Nicklaus. “Non c’era anima viva nel golf o qualcuno che voleva che lo perdessi”.

“Questo è molto apprezzato”, ha detto Els.

Lo apprezzò anche Tim Finchem, l’allora commissioner del PgaTour  che successivamente commentò la decisione di istituzionalizzare l’accordo Nicklaus-Player come parte delle condizioni di gioco nella Presidents Cup. Da quel momento in poi, in caso di parità, le squadre si sarebbero divise il possesso della coppa.

Questo è l’aspetto che preferisco della Presidents Cup.


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