Perchè ad Aristotele piacerebbe Scheffler

Non so se avete avuto la fortuna di ascoltarla, ma l’intervista rilasciata da Scottie Scheffler qualche ora prima dell’inizio dell’Open Championship (che poi è andato a vincere qualche giorno fa) andrebbe certamente premiata come “la conversazione golfistica del 2025”.

Cosa ha detto Scottie? Semplicemente, a una risposta di un giornalista, ha replicato con un’altra risposta: “What’s the point? I don’t know.” si è chiesto e ha chiesto a tutti noi il texano.

In buona sostanza, il numero 1 del mondo si domandava apertamente, senza per altro darsi una spiegazione, qual è il motivo di tutta la fatica che sopporta ogni giorno per riuscire a vincere dei titoli, la cui gioia, ha sostenuto Scheffler, dura per altro pochi istanti, per poi evaporare e lasciare spazio alla realtà della sua vita familiare.

What’s the point, dunque.

La felicità di quegli istanti, potremmo rispondere tutti noi. Ma, attenzione, saremmo oltre modo superficiali. Perché c’è molto di più. E i greci, soprattutto Aristotele, (che probabilmente Scottie non ha studiato) ce lo hanno già spiegato benissimo secoli fa: il punto di tutta quella fatica, sta nella volontà inconscia di Scheffler (e di molti come lui) di coltivare la propria “essenza”, o daimon per dirla alla greca. Che è un concetto difficile da afferrare, perché noi esseri umani 3.0 siamo troppo abituati a pensare che la felicità sia esclusivamente una sensazione e nulla più. Ma per Aristotele la felicità era qualcosa di più profondo, era “eudaimonia”, la possibilità e la capacità cioè di fiorire come piante sviluppando al massimo il proprio talento interno, il proprio daimon per l’appunto.

E dunque eccola qui la risposta al what’s the point dell’americano: la ricerca della felicità, intesa però non come breve attimo di gioia, ma come cura e accrescimento della propria natura umana, delle proprie abilità e della propria inclinazione. Tutto questo è eudaimonia per Aristotele, che, probabilmente, se avesse conosciuto Scheffler, lo avrebbe rassicurato sulla bontà della sua fatica.


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