La stagione 2020/2021 è praticamente chiusa e a noi guardoni delle cose del green non resta che attendere il nuovo anno per rivedere i nostri eroi battagliare sui fairway di mezzo mondo. Nel frattempo, attraverso questa piccola pagellina, godiamoci un minuscolo riassunto di quanto abbiamo visto lungo questi ultimi mesi:
JORDAN SPIETH: 8. Alzi la mano chi di noi credeva nel ritorno ad alti livelli del texano dopo 4 anni di crisi nera e profonda e di fairway mancati a gogò. Eppure… arieccolo! Nonostante abbia vissuto tutte queste ultime stagioni in una solitudine tecnica mascherata dal sorriso, Giordanello è tornato tra i vivi e vegeti del Pga Tour come solo Lazzaro ha saputo fare prima di lui. E noi ne siamo tutti estremamente felici.
PATRICK CANTLAY: 10. Patty Ice, l’azzeccatissimo soprannome dell’americano. L’uomo che non si scompone, non si dispera, non sorride. Mai. L’uomo di ghiaccio, appunto. Ma un ghiaccio che nasconde un fuoco devastante. Sembrava stesse sempre sul punto di diventare un grandissimo, Patrick, ma quel momento di gloria sempiterna slittava sempre in avanti. Il 2021 è stato finalmente il suo anno, dimostrandoci che non ci sono cose per ottenere le quali il tempo sia scaduto.
RORY MCILROY: 6,5. Svogliato, poco concentrato, a volte persino abulico in campo. Così è sembrato l’ex numero 1 del mondo per buona parte della stagione. Poi la botta della Ryder Cup e le lacrime in mondovisione ci hanno consegnato un Rory nuovo di zecca: appassionato come mai avremmo immaginato e soprattutto di nuovo conscio del suo enorme potenziale. E da lì è ripartito, riscrivendo in prima persona il romanzo della sua vita, più che subendolo attraverso i colpi del destino e quelli (molti) sbagliati in pull gancio.
FRANCESCO LAPORTA: 9. Che dire? A questo punto manca solo la consacrazione di una vittoria sul Tour, che pure in questa stagione ha sfiorato tante volte. Non ha sprecato un grammo del suo talento, il pugliese, ma anzi, lo ha rifinito passo dopo passo con la sua passione caliente in un crescendo tecnico e mentale. Con questa sua lenta scalata ai vertici europei, Lapo ci dimostra che a volte non cogliere immediatamente l’obiettivo non significa aver fallito, anzi, ma soprattutto che quel che conta è il metodo e la direzione. E lui li ha. Ad maiora, Lapo!
IL CADDIE DI MATSUYAMA: 10 E LODE. La foto del suo inchino al percorso di Augusta dopo che Hideki aveva conquistato il torneo è l’immagine più bella e sacra di questo 2021. In quel gesto composto e di rispetto c’è tutto lo Spirit of the Game del golf, che troppe volte sembriamo aver dimenticato.
BRYSON DE CHAMBEAU: 7. Il cambiamento è come la vita: non sappiamo cos’è finché non ce lo troviamo davanti. Ecco: Bryson DeChambeau è il cambiamento del golf. Ora, Churchill sosteneva che non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare. E Bryson, con le sue ricerche e i suoi studi, lo ha fatto, approntando un nuovo golf per le generazioni future. E il meglio, credo, deve ancora venire.
PHIL MICKELSON: 9. Pareva avere imboccato lentamente ma inesorabilmente la lenta via del tramonto: pochi tagli azzeccati, tanti putt sbagliati, molta incapacità di restare ancorato alla concentrazione. Ma non solo: sembrava il classico cinquantenne in crisi ormonale, interessato solo a pubblicizzare se stesso, i suoi polpacci e la sua fisicità (oltre al suo caffè) attraverso twitter e quant’altro. Poi, improvviso, il riscatto al Pga Championship vinto come nessuno mai prima di lui, a 51 anni suonati, nel tripudio dei tifosi. Morale, Phil the Thrill diventa l’emblema del vero Homo moderno: colui che desidera essere la pubblicità che costruisce con la sua immagine.
TIGER WOODS: 12. Dicono che le cose più importanti avvengano nella distrazione e non nella concentrazione. Proprio come la distrazione che è costata a Tiger il terribile incidente automobilistico dal quale poteva uscire senza una gamba. Ma fortunatamente il Campionissimo è di nuovo in piedi, cammina e ha ricominciato a maneggiare i bastoni. Ed è proprio in questo frangente che ci è sembrato, almeno per una volta, così umanamente simile a noi golfisti della domenica: quando ha dichiarato che, chiuso in una stanza di ospedale, non vedeva l’ora di riassaporare il profumo dell’erba e il suono dell’impatto con la pallina. Per lui, come per noi, valgano allora le parole di Cesare Pavese: l’unica gioia del vivere è ricominciare, sempre.