Regole del golf e Fair Play

Il golf, forse più di ogni altro sport, porta con sé l’idea del “Fair Play” facendone un cardine fondamentale: è un aspetto talmente importante che ogni giocatore è responsabile di applicare le regole e di penalizzarsi autonomamente in caso di violazione; gli arbitri vengono coinvolti solo in caso di dubbi sull’interpretazione di una regola e non sono in campo per vigilare sui giocatori.

Ci sono esempi straordinari di sportività, come il momento passato alla storia come “The Concession”, quando in occasione della Ryder Cup del 1969 sull’ultimo green del percorso di Birkdale, Jack Nicklaus dopo aver imbucato il suo colpo, senza consultarsi con il capitano Sam Snead, concesse a Tony Jacklin un putt da poco meno di un metro che valse il pareggio non solo nel match, ma anche nella sfida fra USA e Regno Unito. Il trofeo rimase comunque agli Stati Uniti, ma il gesto di Nicklaus resterà negli annali come una delle più alte espressioni di “Spirit of the Game”.

In anni più recenti, allo US Amateur del 1996, un quasi sconosciuto Steve Scott ricordò al suo avversario Tiger Woods di riposizionare correttamente il marchino, dopo che lo aveva spostato per non intralciare la linea di Scott, evitandogli così di incorrere nella penalità e consentendogli di vincere il match che gli assegnò il terzo titolo consecutivo. “Bisogna vincere usando i bastoni che hai in sacca, non sfruttando un errore sull’applicazione delle regole” fu il signorile commento di Scott.

Le prime 13 regole scritte del Golf (1744)

A volte, però, regole e sportività vanno in corto circuito, come avvenne in occasione della Solheim Cup del 2021 ad Inverness. Alla 13 il putt per l’eagle di Nelly Korda si fermò in bilico sul bordo della buca e, come è consuetudine, Madelene Sagström raccolse la palla concedendo il birdie alle avversarie. In seguito alle proteste del Team USA i giudici di gara analizzarono le riprese e verificarono che la golfista svedese aveva raccolto la palla di Nelly Korda dopo 7 secondi, quando la regola dice espressamente che se una palla è in bilico sul bordo un giocatore ha 10 secondi di tempo per vedere se cade buca. Il comitato di gara assegnò l’eagle al Team USA che con un vantaggio di 1UP andò a vincere quel match. Questo non influì sull’esito finale della sfida che vide Team Europe trionfare per la seconda volta sul suolo americano, ma quello che doveva essere un momento di competizione adrenalinica si trasformò improvvisamente in qualcosa che assomigliava molto di più ad una battaglia legale.

Un caso ancora più clamoroso avvenne nuovamente alla Solheim Cup, nuovamente alla buca 13, ma questa volta sul percorso di Loch Lomond, in Scozia, nel 2000. Annika Sörenstam imbuca l’approccio per il birdie di Team Europe, ma mentre sta celebrando con le compagne di squadra, Kelly Robbins e il capitano Pat Bradley di Team USA si consultano con gli arbitri: Annika aveva giocato quando non era il suo turno e benché in match play non ci sia penalità per quella che è un’infrazione di etichetta, è facoltà della squadra avversaria chiedere che il colpo venga ripetuto, ed è esattamente quello che fece Team USA. Annika rigiocò il colpo senza riuscire a ripetere l’impresa, la squadra americana vinse la buca e pareggiò il match, e anche se alla fine la Coppa fu conquistata da Team Europe, rimane ancora oggi il dubbio se questa sia stata una ligia applicazione delle regole o una totale mancanza di sportività.

Si dice comunemente che le regole sono scritte per aiutare il giocatore, e certamente se la Sagström avesse aspettato 10 secondi e la Sörenstam avesse atteso il suo turno per giocare, non ci si porrebbe la domanda, ma dov’è il confine fra giusta applicazione delle regole e rispetto dello “Spirito del Gioco”? è davvero possibile che attenersi alle regole vada contro il “Fair Play”? Non so dare una risposta convincente a queste domande, e sono consapevole che, quando nelle nostre “partitelle” su una palla persa concediamo all’avversario la regola del “buttane giù una e gioca da lì”, andiamo contro quello che c’è scritto nel “Libro”, ma lo facciamo in nome di un valore superiore.


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