Alessandro Rosina, che molti conosceranno per il suo illustre passato di calciatore, è stato preso come tanti di noi dal morbo golfistico. Ma non basta, per lui il golf è diventata una professione: ha rilevato un paio di anni fa il campo pratica di Grugliasco, alle porte di Torino, e con alcuni soci e amici ne ha fatto un luogo dove il golf assume dei contorni più ampi e sfaccettati rispetto alla normalità cui siamo abituati. E soprattutto piace: di quel luogo ti colpiscono innanzitutto il numero di persone presenti, tra le quali tantissimi giovani, e l’atmosfera amichevole e rilassata che si respira.
Ma lasciamo che sia lui a raccontare.
Hai scoperto il golf grazie a Michele Tribuzio detto Zio Mike, un mental coach. Mi puoi raccontare i tuoi esordi golfistici?
Ho incontrato Michele quando giocavo a Bari. Era stato chiamato dal presidente per dare slancio alla squadra. Io ero scettico sulla figura del mental coach, ma conoscendolo meglio ho trovato interessanti i concetti che esprimeva. Quando sono andato a Salerno – il mio ultimo anno di carriera – c’era un campo pratica vicino al campo. Allora mi sono avvicinato, anche perché mia moglie nel frattempo mi aveva “abbandonato” per iniziare a stabilire la nostra famiglia con i bambini a Torino, e dunque avevo del tempo: ho iniziato questa sfida con me stesso, ed è stata affascinante ed esaltante anche perché dopo tanti anni di sport di squadra in cui si potevano addurre mille scuse per una prestazione non all’altezza in questo sport meraviglioso c’eravamo io e il campo e null’altro, e quindi quando sbagliavo non potevo attribuire l’errore ad altri che a me [questo concetto lo aveva espresso anche in questa chiacchierata col nostro Alessandro Bellicini]. Ho trovato questa sfida avvincente, e da lì è iniziato tutto.
Quando e come è nata l’idea di rilevare l’attività di Grugliasco?
Avevo conosciuto alcuni soci del circolo, che negli anni è stato un grande bacino per il golf piemontese. La proprietà era interessata a cedere l’attività, che nella mia opinione e in quella dei miei futuri soci aveva delle potenzialità. Intorno a fine 2022 sono iniziati i primi contatti, e nella prima parte del 2023 abbiamo acquistato la struttura con progetti di sviluppo.
La storia del nome è probabilmente un tutt’uno naturale col tuo cognome, ma vorrei che la raccontassi.
In Piemonte tantissimi circoli prendono il nome da piante e fiori. In famiglia cercavamo un nome, e mia figlia mi ha detto: “Se dobbiamo chiamarlo col nome di una pianta possiamo chiamarlo ‘Le Rosine’, visto che noi siamo Rosina”. Da lì è nato il nome de Le Rosine Torino Golf Club.
Le Rosine come concetto innovativo del golf in l’Italia. In che cosa si differenzia dagli altri circoli? In particolare mi piacerebbe che approfondissi il concetto di golf quasi come fosse bowling, ovvero privo di tutto quel substrato di esclusività e ricchezza che in alcuni casi ancora gli appartiene.
Se tu vuoi giocare con gli amici a padel non devi essere iscritto alla federazione. Noi cerchiamo di fare la stessa cosa: ovviamente tutti coloro che entrano qui sono assicurati, ma il principio è che non è necessario essere iscritti a un determinato circolo per iniziare a giocare a golf. Il nostro obiettivo è di creare nuovi golfisti, superando le tante barriere all’entrata che esistono. Noi offriamo la possibilità di avere un’esperienza nuova, che riesce a coinvolgere anche non golfisti, persone che il golf non l’hanno mai visto; creiamo eventi dove il golf è parte dell’esperienza, ma non il centro. Ad esempio, nel momento in cui un diciottenne viene a festeggiare il suo compleanno, magari qualche suo amico prova il desiderio di capire che cos’è il golf e inizia per divertimento a tirare qualche palla. Quindi noi “vendiamo” esperienza ed emozione.
In tutto questo un aspetto importante è la tecnologia. Come ve ne servite? Che cosa dà in più al golfista?
Piaccia o meno, la tecnologia è dappertutto intorno a noi. Però credo che mai la tecnologia potrà sostituire l’empatia e il pathos: i due aspetti vanno integrati. Noi mettiamo insieme la tecnologia e la parte umana, che è centrale nel progetto delle Rosine – dall’accoglienza al far stare bene le persone, ad offrire loro un’esperienza nuova. Per questo abbiamo scelto di investire nel sistema Toptracer: sono due telecamere montate agli estremi della tettoia che coprono dieci postazioni. Ogni postazione è dotata di un tappetino e di un monitor, dove si può giocare o da soli oppure in modalità multiplayer, e ogni pallina tirata viene tracciata in base all’obiettivo. Tutto ciò si può fare in varie modalità: puoi praticare in maniera rigorosa e avere dei dati (traiettoria, distanza e impatto) su ogni singolo bastone; oppure si può fare in maniera più ludica e divertente, per esempio gareggiando con gli amici su vari percorsi virtuali come Pebble Beach e St Andrews, o fare delle sfide di driving contest. Ogni settimana facciamo delle gare nearest to the pin, con premi come se fosse una vera gara di golf. Tutto ciò per rendere l’esperienza più intrigante possibile.
Come ti immagini l’evoluzione delle Rosine?
Le immagino mantenere l’identità con la quale sono state create, ovvero su principi – mi ripeterò, ma per me sono fondamentali – quali l’etica, l’eccellenza, l’accoglienza. Io dico sempre ai ragazzi che lavorano con me che la persona viene qui e poi, nel caso, può anche tirare palline da golf; ma viene qui per sentirsi bene, per stare bene con l’amico, con la moglie, con la famiglia. Perché se ci concentrassimo solo sul fatto del tirare palline avremmo dei numeri e non delle persone. Invece così noi riusciamo a creare un legame importante con i nostri soci, che si sentono bene all’interno del nostro circolo.
Negli anni mi immagino che le funzionalità crescano, anche perché il Toptracer viene aggiornato da remoto e diventa man mano più intrigante (ad esempio, dal 30 settembre verrà implementata la funzione Angry Birds), e quindi reale e virtuale si avvicinano in maniera del tutto naturale.
Mi immagino infine di sviluppare i lounge dietro le postazioni, sul modello Topgolf americano (in piccolo!), visto che ciò crea aggregazione; e anche perché il golf difficilmente riesce a stare in piedi da solo, dal momento che in tanti casi non genera ricavi sufficienti.
Dobbiamo andare avanti: tutto quello che abbiamo fatto ieri oggi è già vecchio, in primis per le nuove generazioni.