Se non ci fosse Billy bisognerebbe inventarlo!
Non è stato solo Matthew Fitzpatrick a pensarlo dopo la vittoria nello US Open, ma anche il sottoscritto, due giorni fa, a corto di idee per l’articolo da scrivere.
Fitzpatrick ha aspettato otto anni per il primo major da quando è passato professionista.
Per Billy Foster ce ne sono voluti 40 di lavoro come caddie al seguito di Gordon Brand Jnr, Thomas Bjorn, Sergio Garcia, Lee Westwood, Darren Clarke e del grande Seve Ballesteros, prima di “vincere” un major.
Gli innumerevoli messaggi di gioia diretti a Billy da tutto il mondo, sono la prova del rapporto con gli ex giocatori e coloro i quali hanno sviluppato un crescente affetto per il popolare caddie.
Per questo volevo portare alla vostra attenzione l’inizio della sua carriera e una delle tante storie provenienti dalla sua lunghissima esperienza.
A 16 anni lavorava per il padre come apprendista falegname. Guadagnava 20 sterline per 5 giorni di lavoro e veniva licenziato tre volte a settimana.
Poi un torneo da caddie nel club di appartenenza, il Bingley St Ives, nel 1981, il Lawrence Batley International. Al quale ne seguirono altri in Inghilterra.
Dopo un paio d’anni, un amico gli suggerì di andare in Spagna per sei settimane. “Potremmo fare i caddies all’Open di Spagna poi passare all’Open di Portogallo e al Sanyo Open”.
Sembrava una buona idea. “Quindi, partii” aggiunge Foster “ con 50 sterline e una bottiglia di Brown Sauce in tasca”.
“Questo era il piano. Ma quando arrivai in Spagna, Hugh Baiocchi mi fece una proposta importante. Mi chiese se avessi voluto fare il caddy per lui a tempo pieno. Era il 1983″.
“Nelle mie intenzioni c’era di farlo per due anni, imparare un po’ di più sul gioco, in modo da poter giocare io stesso un po’ meglio, e girare l’Europa”.
“Non c’erano molti soldi. Non potevo permettermi di volare da nessuna parte. Ho dormito principalmente in autobus e treni durante la notte”.
Una notte ho dormito in un cespuglio.
Nel mezzo di un’autostrada in Francia. Facevo l’autostop.
Tutto sommato, è stata un’esistenza dura. Non c’erano telefoni cellulari o laptop o carte di credito.
Il cameratismo è stata la spinta per andare avanti. Essere coinvolti nel golf e con i migliori giocatori. Ho imparato tanto sul gioco, anche se non stavo guadagnando.
Non c’erano nè Yardage Books nè palle di pratica. E neanche il cibo per i caddies. Come tutti gli altri, dovevo stare in fondo al campo pratica e raccogliere le palle che il tuo giocatore ti tirava addosso. Era pericoloso. Ma non cambierei niente di tutto ciò. È stato molto educativo. Ad alcuni dei ragazzi più giovani non farebbe male passare attraverso qualcosa di simile. Mi piacerebbe vederne qualcuno senza uno Yardage Book per una settimana. E senza cibo gratis.
Poi immancabile un breve racconto sugli inizi della collaborazione con Seve (Severiano Ballesteros)
Avevo lavorato con Gordon Brand Jnr, ma mi era stato offerto un lavoro come assistente professionista a Ilkley.
Ero sul tour da otto anni, quindi forse era giunto il momento di sfruttare ciò che avevo imparato, migliorando il MIO gioco. Al tempo non ero niente male. Accettai il lavoro ma prima di iniziare Seve mi chiese di fargli da caddy.
Immaginate l’idolo con cui siete cresciuti che vi chiede di lavorare per lui.
Non potevo crederci quando me l’ha chiesto. Mi disse che ero troppo giovane per non fare più il caddie e che ne stava cercando uno nuovo. Me ne andai. Poi lo ignorai per le successive 16 buche. Ma quella notte andai a casa e ho pensai “stupido c******e”. Quindi, il giorno dopo lo seguii per tutta la buca 1 e quando uscì dal green gli diedi un pezzo di carta con il mio nome e l’indirizzo. “Se non vuoi farmi finire la carriera da caddie, sai dove trovarmi.” Due settimane dopo mi arrivò una lettera a casa.
Ce l’ho ancora, incorniciata sul muro del mio ufficio.
Iniziava con un pò di smancerie . Gli piaceva il mio atteggiamento da caddie etc.etc. Poi mi ha subito dettato le regole: “Queste sono le mie condizioni. Non devi mai parlare con la stampa. Devi sapere che il giocatore ha sempre ragione, non ci devono essere discussioni. Devi occuparti della misurazione del campo”.
È stata una rivoluzione. Era molto esigente. Ma ho passato cinque anni fantastici con lui e ho imparato tanto. Tutti parlano di quel colpo alla 18 di Crans in Svizzera. Ma ogni settimana vedevo tre o quattro colpi in cui la mia mascella cadeva. I giocatori di oggi non riuscirebbero neanche ad immaginarseli quei colpi. Questa era la differenza.
E lo faceva ogni settimana.